Quasi, quasi mi conveniva restare dietro la macchina...da presa



Il sole tramonta. Risorgerà, con buona pace dei ben pensanti.
La luna scollina. Luccicosa speranza differita.
Poi. Di nuovo. Ancora.
Entrambi.
Scandiscono un tempo che esiste solo per noi.
I successi e più spesso gli insuccessi.
Profeti e narratori di cronache di varia tinta.
Amanti sconquassati dagli eventi.
Le puttane, coi loro stropicciati biglietti da dieci, sfatte sopra un bidet crepato.
Il cacciatore e il fucile e il bancone. Brindisi alla preda che qualche segugio dilania poco più in là.
Un paio di randagi urlano del loro passaggio a farraginosi bidoni di lercio.
I santi pregano a palpebre serrate mentre anche i dannati riscoprono bianche lacrime oneste.
Cerchi concentrici, in serie, a formar la quotidiana rappresentazione de vitae.
Non compete all'attore di scegliersi ruolo o durata. Posizione o discapito.
Una considerazione galleggia compassata nel placido mare dell’ineluttabilità.
Il tempo passa. Passa e segna.
Tutto scorre ma non forzatamente evolve o si modifica.
Chiarezza a sé stessi, questo lo si deve.
Un mercato. Un palco, scenico.
Fittizia vita e dannate noi formiche dalle antenne bruciate. Non torniamo neanche più al formichiere.
Amore d’una vita. Passione grande che aspirava a essere unica.
Oblio.
Va bene, muoio ma fatemene restare qui. Comodamente morto.
O convenientemente silente.


Fine
JL

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