Oscar meritati vs Oscar che dovevano essere


C’era una volta un commissario di polizia che disse:”E’ l’eroe che meritiamo ma non quello che di cui abbiamo bisogno”. Oggi, a poche ore dalle luci di Los Angeles, mi chiedo se siano stati assegnati degli Oscar meritati o, invece, dei premi che dovevano essere distribuiti.
Ci si può sentire delusi e traditi da una celebrazione che, per sua stessa natura, dovrebbe essere festosa e alla moda ? Personalmente mi sento di rispondere in maniera affermativa.
Mi dispiace che da qualche anno a questa parte gli Oscar stiano assomigliando -sempre più- agli “Mtv Movie Awards” e non viceversa. Mi dispiace che vi siano centinaia di migliaia di foto dei vestiti e poche dei premi o della cerimonia. Soprattutto, mi dispiace che i premi -poi assegnati- siano stati così “chiamati”.
Succede infatti, che grazie alla spinta popolare “The artist” non vinca, STRAVINCA. Chi si aspetta di leggere un giudizio contrario a questo film, sbaglia. Mi limito a dire, tuttavia, che quest’anno vi erano almeno quattro film di uno spessore notevole che avrebbero meritato un’attenzione speciale. Mi riferisco a: “The artist”, “Paradiso amaro”, “Midnight in Paris” e “Moneyball”. Ovviamente il bello di una premiazione è l’esaltazione di una performance di genere che viene ritenuta la più vicina alla perfezione. E’ tutto instabile. La sensibilità dei giurati cambia di anno in anno. I temi ed i protagonisti cambiano più volte in un anno. Personalmente, intendo il cinema come un’invenzione umanista capace di visitare ed approfondire gli aspetti personali della nostra vita sviscerando la nostra mortalità. Invece, noto un’irrimediabile e continua spaccatura tra Oscar ed umanità. “The artist” è sicuramente un prodotto eccellente, con interpreti sopra le righe ed un tocco retrò che aggiunge sempre quel quid che risuona all’infinito in un tempo così arido dal punti di vista dell’arte (tocco) personale. Incredibilmente, tuttavia, film come i tre sopra citati, che analizzano rispettivamente: l’arte vincente del reinventarsi, la ricerca del proprio spazio-tempo ed in ultimo l’accettazione ed il superamento del dolore in rapporto con la famiglia; rimangono clamorosamente a bocca asciutta ma soprattutto, eccessivamente in sordina. In un tempo, il nostro, che avrebbe bisogno,ogni minuto ed ogni secondo, di ricordarsi l’importanza della nostra umanità, della nostra mortalità, della nostra grandezza nello spirito, tre prodotti di questo calibro –molto più verosimili della realtà- vengono accantonati senza particolari scrupoli. Io noto una tendenza, da qualche anno a questa parte, a premiare il cinema come business piuttosto che come mezzo indagatore. Tuttavia chi mi legge, sa perfettamente, quanto detesti concludere un pezzo in maniera negativa. Pur non essendo mai stato uno speranzoso, non ho mai trovato affinità con chi dipingeva orizzonti totalmente oscuri. Neanche questa volta infatti, tutto è da bocciare. Gioiamo allora per l’eterna Meryl Streep di “The Iron lady” (ma non dimentichiamoci di applaudire una fantastica Glenn Close), per Alexander Payne e per l’Oscar a Woddy Allen dopo ben 24 anni.

Ps: Abito più bello nettamente quello di una G. Paltrow radiosa e, speriamo, definitivamente ritrovata.


Fine
JL

Commenti

Post più popolari