La macchietta d'un ubriacon col piccone in tiro

Il vecchio segaiolo. Beve de wisky. Fa bere de sborra.
La vita de cane. Che c'ha tre pensieri in la capa quel bastardo randagio. 
A' da cacà. 
A' da magnà. 
A da scopa'. A secondo del proprio vezzo, quello alza la gamba o accucciatosi, appropinqua il buco del culo. Fagocitar la ciotola de' avanzi e fottere l'aristocratica cagna de lo quartiere.
Che vita ben più comoda sarebbe. Comoda sì. Non felice, quello no. Che de felicitate ne parlano solo li frustrati che hanno a credere de costruì il loro tempo.
Io me ne uscivo a fatica dal portone dello mio condominio fintamente aristocratico. Mattoni d'un borghesume che ti venia voglia di cacargli in faccia e perderci le unghie de tutte e ventidue le dite pur di non lasciar petra su petra.
Ero, ormai, la macchietta d'un ubriacone col pingon en tiro. Barcollavo, abbominevole, come neanche i fenomeni da baraccone.
Se ben una parte di me tenderebbe a descriversi come triste vittima d'una crudele giostra di finti sensi e significati, la verità un poco più vera è che facevo ciò che ero nato per fare: un cazzo.
Il cazzo aveva sempre avuto una forte attrattiva su di me. Come il biforcuto bastoncino de cercatori d'acqua in del deserto. Ricordo che già all'elementari divagavo col pensiero su come sarebbe stato a salir e scender per le cosce della maestra. Quello che i ben pensanti avrebbero definito come un arrapato psicopatico era in realtà un fottuto genio del cazzo. Non passò molto prima che dalle fantasie passassi a sventrar di papere vere. Amavo le donne. Per questo le fottevo. Per questo, molto più spesso, mi lasciavo fottere da esse, finendo regolarmente trombato. Ero capace d'un amore che sfuggiva all'uomo medio. Io ero capace dell'amore d'una possibilità. Non potendo far sfoggio dell'asso del mazzo: la bellezza, io ascoltavo. Usavo il sentito a mio piacimento, accrescendo il loro ego o valorizzando il loro carattere. Sta di fatto che alla fine in piena parità di sessi e con rinnovata fiducia, chi stava a carponi dinnanzi all'altro mai ero mio. Che poi intendiamoci, prima di ficcarlo -di tanto in tanto- piaceva di ciucciarla pure a me.
Che poi intendiamoci, loro avevan da succhiare prima ma io succhiavo per tutto il resto del tempo. Tranne quel momento. Ad ognun il suo.
Se narrassi ora di come, stancamente, tracanno un rosso da due soldi battendo alla distratta li tasti de computer mentre aspetto il niente: voi non ascoltereste. Questa è la macchietta. Un ombra che si trascina nella totale incredulità -all'occhi altrui- di ogni sua gesta. Non me ne lamenterò...tanto tutto al cazzo torna. Ed io, di cazzo, me ne intendo. E che cazzo.
Una cosa la voglio pure dire, però. Nessuna dè donne che sormontai ebbe vacuità, dalla mia persona, in cambio de vulva o dei altri servizi. Dissi sempre la verità. La mia verità. Innammorato com'ero e come sono sempre stato dell'idea della donna. L'idea di un essere così vicino alla perfezione da migliorare tutto ciò che gli gravita attorno. La donna. La puttana. La madre. Io sono sempre stato attratto dalle puttane. Poco alla volta lo son diventato io stesso.
Solo la puttana sa come vacuo sia l'amor, eppure allo stesso tempo, quanto sia fondamentale la sua concezione. La speranza che in esso si racchiude.
Per me, l'essere umano non ha mai voluto un cazzo di più se non essere millantato d'una bugia così suggestiva da commuovergli il core. Ed io questo fornivo alle donne, con la mia nerchia sbrodolona. Ed io questo fornisco a voi, con le mie righe di bianco su nero.
Non muovetemi stanche e puerili obbiezioni. Primo fra tutti, io stesso mi auto-fingo ed inganno. All day long baby, you know what i'm speaking about...
Il calcio. L'aria tra i capelli quando corri. Quella scossa di adrenalina quando lo spiani in culo al terzino e ti accingi a tirare una mina al sette. Il sapore di quando colpisci il pallone nel modo giusto. L'attimo in cui lo colpisci. L'esultanza. Lo stadio. Gente urla. La calca. La ressa. L'orgia. I pisciatoi e le birre versate. L'orgasmo. Cerchi di trattenerlo ma irrimediabilmente ti fotti le mutande. Sei in campo, poco o nulla da fare. Hai segnato, accontentati di quello. Hai segnato e sei venuto...ti è andata meglio dei cinquantamila che ti circondano...
L'alcol. Il bianco d'uva ed il whisky de terre risonanti. L'alcol l'ho sempre amato. A differenza della droga -che pur ho provato in qualità di stuzzichini fumanti-, l'alcol ha la capacità di astrarti dal fittizio. La famiglia. Il mutuo. Le navi affondate. I problemi irrisolvibili. Lo stato. Il governo. La merda. La spesa. I mobili. La suocera e sto cazzo che sfrega sempre contro la stessa coscia.
Poi... un secondo...
Un divano....una bottiglia...se hai stile una mula ti sta già leccando, sapiente, gli zebedei. Placido, la lasci fare. Versa lentamente il contenuto dà bottiglia in bicchiere. Assapora. Svuota, Riempi. Assapora. Il cazzo. Golata e svota. Fine.
Sei a terra.
Lei non ciuccia più ma in compenso si fotte la tua nerchia e tutto ciò che ad essa è attaccato.
Sei ubriaco e sei finalmente Più in pace. La vita ha il suo giusto taglio. Le felicità ridimensionate ad umili e passeggere gioie a pagamento. I problemi riordinati nell'assetto di quisquiglie moribonde. Non si può spiegare a cazzoni come voi...
Per me l'essere è seguire ciò che si è. Io sono un ubriacone che fotte. Seguire il mio essere significa bere e scopare -possibilmente at the same time-. Se il vostro essere è similar al mio...allora potrete capire...altrimenti...avete due opzioni: 1) andate a fan culo 2) sparatevi. Solo i signori le scelgono entrambe...
Che deve dirvi questa disincantata testa di cazzo. Il bere permette all'uomo di astrarsi da sè stesso. Di vedere la propria vita da una terza posizione. Il bere allontana l'uomo dalle convenzioni sociali e lo rende in grado di poter essere maggiormente Umano. Ovviamente niente è gratuito. Solitamente il conto prende nomi quali: cirrosi e disprezzo. Come se la vita fosse facile....o avesse un senso. Non voglio divagar, che poi m'incazzo e m'azzuffo co' passanti.
La scrittura. Quella sì. Con quella mi sento vivo. La gente ha sempre pensato che fossi un pompato egocentrico. Sicuramente è stato così. Lo è . Lo sarà. Semplicemente perchè lo sono...
Scrivendo, tuttavia, mai mi son sentito....uno scrittore. Un  grande...Uno con qualcosa d'importante da dire...Uno che sarebbe rimasto...Uno con un briciolo di talento.
Curioso per uno che voleva vivere nella storia non essendo capace di farlo durante il proprio tempo...
Patetico per chi rilegge li propri scritti con la solita sensazione finale di incompiutezza. Insoddisfazione. Come se mancasse quel quid...
Scrivere è l'unica cosa, insieme al sesso e all'alcol, che mi abbia donato emozioni. Libertà. Fantasia. Benessere...Sono la fottuta rockstar dei barboni. Scusate se è poco...
L'Inter poi....Dio mio, L'Inter. La mia squadra. Il campo e le strisce neroazzurre. Il Capitano e la curva. L'orologio ed i numeri. La storia e le lacrime e le risa bestemmiate d'attimi palpitanti.
Oh Dio mio....l'Inter. Grazie...
Che poi a parlà de mie cose non son mai stato bravo. Neanche come scrittore valgo pur un cazzetto moscio. 
Che ho sempre dà parlà de cazzate altrui...che de cose mie personali faccio scudo pure a me stesso.
Che poi una cosa potrei anche dirla....bah...alla fine sono un fottuto vecchio che, barcollante, esce da un portone. In cerca di sesso e sicuro d'un bicchiere. Uno stanco leone che forse un tempo fu d'Alfa. Forse. Io m'accontento d'aver avuto l'argano e li momenti intensi. Non per tutti li momenti ho usato l'argano. Ma per tutti l'argani...che momenti ho trascorso.

Fine
JL

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