Deriva a Porto Ercole



La questione è duplice e molto semplice, in primis io non credo che il tempo sia tiranno ma credo che sia solamente un po’ stronzo. In secundis ritengo che nel tempo ci sia troppo poco tempo e troppa cecità.
A un certo punto ti ritrovi lungo e disteso con le gambe incrociate e vedi che quei piedini che avevi da bambino con quelle unghie perfette, delicate e arrotondate come le forbici che si usano a scuola sono diventati dei ferri da stiro con i calli e la pelle ingiallita e indurita. Piedi ruvidi pronti all’uso ma sfioriti da un punto di vista estetico. Allora, in quel momento ti fermi a osservare come anche le spalle, le mani ed il viso siano cambiati. Modificati in sostanza.
Resta solo il cuore. Sempre lì, sempre in silenzio, a battere un colpo senza batterlo mai del tutto. Striato a ricordare che se mescoli le cose ne guadagni sempre qualcosa. Giusto un po' più largo ma fondamentalmente pari al come sempre della quotidianità passata, presente e futura.
E allora, ecco sì, mi viene da chiedermi come sia potuto accadere questo cambiamento così viscerale. In che modo, quando ? Come mai così veloce ? Dov'ero, ubriaco su qualche spiaggia sconosciuta ? Come abbiamo potuto risvegliarci così distanti dalla riva ? Così diversi e soli e cambiati ? Come abbiamo potuto perderci così facilmente e perdere a nostra volta chi era giusto a un respiro da noi.
Ma io non ho risposte a queste domande altrimenti mi ricorderei quando ho smesso di essere come ero e quando ho iniziato ad essere come sono.
Forse è per questo che sto su queste tavole di legno con gli occhi rigati a domandarmi dove si sia persa quella bottiglia con dentro il messaggio di una vita. Ne tracanno un'altra perso nel mare mosso che è quest’esistenza. Un mare che pela la gatta senza farla urlare, mai, ma piangere, quello sì.


Fine
JL

Commenti

Post più popolari