Fottuti da amore e presente



In un’altra vita, in quella vita, eravamo noi, noi due. Io e te.
Quella foto.
Folata di vento che spazza una spiaggia di granelli incolori.
Boccata di fumo.
Cubetti alla deriva in un whisky dilatato che irrita la gola e apre le vene del cuore. Il prezzo è lucidità e cellule della ente. Ma va bene così. Perché a volte sentire è tutto quello che conta. Perché sentire è già una riflessione. Forse una condanna. Di sicuro l’unica battaglia dalla quale non ci si possa esimire.
Solo il passato è di nostra proprietà. Il passato non cambia mai. Possiamo modificarne toni e colori a seconda delle nostre debolezze ma grosso modo quel che è stato è stato.
Finiamo per vivere lì, sospinti avanti, in lacrime, con le nostre unghie ben piantate nel terreno e la testa a muoversi indicando un no che finisce col trasformarsi in un 8 rovesciato su un fianco che straparla di infinito.
Noi siamo il mondo che creiamo ed entrando in contatto non facciamo che far collassare, l’una contro l’altra, le nostre realtà, così che alla fine i nostri non sono incontri ma scontri. Ne ripartiamo arricchiti per certo. Distrutti sicuramente. Mai più uguali a quelli di una boccata prima, ovviamente.
La sirena del tempo suona sempre un istante prima che la palla varchi la linea decisiva o il canestro di casa. Apriamo gli occhi e ci svegliamo. Invochiamo una scelta che è già alle nostre spalle. Pensiamo che sia Dio a dirci che non siamo lì per scegliere ma per capire il motivo della scelta. In realtà è il barista che blatera con la bocca impastata.
Chi spaccia si fa e chi si fa spaccia o di non farsi o di farsi meno di quanto in realtà è fatto. E poi è curioso che alla fine ci troviamo tutti quanti, qui a questo punto. Fatti e finiti, è la realtà dei fatti. Il mondo è corrotto e per assaporarlo ti devi corrompere.
Perdere tanto, quasi semrpe quello che conta e vincere il controllo sul menefreghismo, su ciò che non smuove il cuore e che si riesce a controllare.
La portiera si richiude senza fare rumore, questa è la magia del nostro tempo.
Una volta c’era qualcosa dietro un paio di occhi blu. C’era un uccello dentro lo stomaco. Ora abbiamo un tumore al pancreas che con ghigno iracondo ci domanda perché siamo così seri.
Me ne vado in Messico a sudarmi fuori da me stesso per poi tracannarmi e ustionarmi ancora. Così, giusto per ricordarmi come girano le cose quaggiù.
Il dolore trascende il valore anche se, ed è bene tenerselo semrpe a mente, non ha alcun valore.
Una serie di scelte sbagliate, perdite di tempo declinate nelle lingue dei buoni propositi e delle speranze. Qualche istantanea che bruci il cuore avvelenato e la coscienza che ce ne andremo piangendo una sola lacrima per aver capito, da morti, come si viveva da uomini.
Tutta questa sofferenza per poter dire, appena prima di andarsene, siamo stati io e te, per un po’, distrattamente.
Mai casa. Mai casa. Strade separate.
Ci fottono l’amore e il presente del tempo.
Questo è quanto.


Fine
JL

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