Il figlio degli uomini



In quello che faccio sono il migliore.
Allattato dai sorrisi doppiogiochisti.
Ammaestrato all’educazione formale di una socialità distorta e gonfiata.
Sbranato dalla vivida crudezza di una realtà di plastica col tirapugni.
Tonfi e schianti e facce maciullate su viottoli spaccati.
Un randagio rapina una vecchia. Un ubriacone annaffia un muro. Una giovane violentata piange, poco più in là.
Mi hanno cullato con la filastrocca della rabbia. La sola compagnia di una maschera inespugnabile.
Il veleno pulsa come lava nelle mie vene. Messo in circolo da un cuore ormai reso a brandelli.
L’anima appesantita dal piombo di un inverno sempiterno.
Ho conosciuto lo strisciare sorridente del nemico. Il suo calore avvolgente. La mano molle e umida.
Spalle e pugnali e decapitazioni.
Incidere nella carne le ferite di un vita. L’unico libro che valga la pena di scrivere.
Mi hanno offerto scampoli di bello e buono solo per privarmene. Sposo designato di un famelico martirio che ringhia dolore.
Mi hanno reso un uomo e mi hanno strappato l’umanità di dosso.
Ora salutami e credi che pure che ci sia amicizia tra noi. Lascio rispondere i miei occhi vitrei.
In ciò che sono, sono il meglio del peggio.
Sono un uomo. E sono vostro.

Fine
JL

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