La mia puttana



Lo sfondo nero d'un vago momento.
Sovvenivano alla mia capa roteante -poichè in sbornia-, parole a vanvera come: gargantuesco, onomatopeico, siderurgico e cazzate alla varia vanvera.
Se ne andava via. La mia puttana.
Me la rubavano. Me la strappavano.
Mi relegava, relegavano, un'altra volta al nulla.
Un lamento. Un saluto. Una parola, un gesto o una fottuta occhiata. No.
Puttana e troia. Troia e puttana. Compagna...
Pensarla mi faceva montare da rabbia ceca e furia pura.
Ricordarla mi rimembrava d'essere il possessor d'un cuor dolente e difettoso in del petto.
Il fatto che avesse quell'influsso, invincibilmente inesorabile, sulla mia carcassa putrescente mi mandava ai pazzi.
Quella puttana.
Vogliosa di caldo sperma. Il mio.
Così vorace di lingua. La mia.
Così impaziente del cazzo. Il mio, così gonfio.
Lei che m' abbracciava. Sudicio e sudato.
Che mi guardava, vedendomi. Brutto e debole.
Lei che non parlava. Gesto superfluo.
Baciava le mie ferite amando le mie disgrazie.
Il mio brutto era Il caraterrizante agl'occhi suoi.
Era proprio una puttana. La più grande delle troie.
Una volta lo ero stato anche io. Una puttana intendo.
Prima di perdermi...lungo un cammino che mi portava sempre alla stessa rotonda. Ruminare e brancolare come un somaro inabile anche al più vago dei compiti.
Mi portavano via la mia puttana. O forse si portava via da sola.
Bella così come solo le cose che si vantan d'un possessivo. Quelle cose, le cose belle, che non durano mai troppo a lungo. Lasciando, noi brutti, a pianger d'una puttana. A sopprimere il lurido magone. A morire poco alla volta senza riuscirci, davvero, mai.
Me ne resto qui, non per scelta, a rimpiagere la mia puttana mentre continuo inesorabilmente a succhiare, errando.

fine
JL

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