Kid, Ash e la Bionda.


Andai a bere da Kid quella sera.
Entrai in quel bar. Smunto come la vita.
"Fan culo Ash"
"Ciao Kid. Come butta"
"Fan culo Ash".
"Eggià Kid".
"Dì...sempre il solito ?"
Alzai il sopracciglio in risposta.
Mi sedetti al solito tavolo. Che a chiamarlo tavolo gli si faceva un piacere. O uno scherno. Come a chiamar un servo: signore.
Due zampe. Un'asse grattuggiata. Scheggie infide che, bastarde, avevano fottuto la callosa pelle delle mie mani.
Il tempo d'accucciarmi ed appicciarmi una zaga che Kid mi sbadilò dinnanzi un boccale di nettare. Jack e coca si chiamava. Il nettare intendo.
Bhè sta di fatto che l'avevo conosciuto quando il mio tronco registrava 15 cerchi.
Non rimembro più se assaporai prima il sapore d'un Jack o quello d'una vulva bagnata. Bhè gli unici due ricordi che valesse la pena di conservare, conclusi tra me e me. Ne tracannai giù una sorsata piena. Ritornai a succhiare il moncherino che brandivo tra le dite e, alla persa, feci una panoramica dentro quel luogo d'insoddisfatti dalla vita. Un paio di puttane stropicciate tentavano d'addescare un monco che le cacava ben poco, intento com'era a ciucciar pur anche una sola goccia di birra. Ma monco rimaneva e nonostante il desiderio, tute le volte faceva scaldare la bionda e poi inesorabilmente la rovesciava. Così afferrata la giubba smadonnava le puttane e se ne correva di lena al suo loculo sfocato. V'eran poi una mezza dozzina di marinai. Gente tosta quella, mica nostromi. Gente che dava del tu all'Oceano, che esso rispondesse o meno. Gente che sapeva che il controllo non lo si incontrava manco per sbaglio.Lo s'immaginava, al massimo. Gente che era come il resto della gente. Gente appunto. La folla. I tanti.
V'era poi un omuncolo. Lo s'intuiva dal veastiario e dal bicchiere effemminato che tittillava tra le mani.
Un professor di storie. Un politicante. Un venditore di speranze e opacità.
"Il solito marciume" pensavo tra me e me, quando, il mio sguardo si posò su di una bionda. Non era una birra eppure l'effetto che mi provocò fu il medesimo. Pressappoco
Sentì in quel momento il rizzarsi, il risvegliarsi, del mio stecco. Le mie pupille accuirono la propria percezione. La saliva diminuì d'un poco, così tirai un'altra golata e m'appiccai un'altra zaga. Sbattei la sedia per terra con un vigoroso colpo di culo ed una volta in piedi m'avviai verso la femmina.
"Che ragione t'obbliga qui, bionda ?"
"Obbliga?"
"Bhè...un posto come questo...non può essere una scelta. Nessun cane, potendo, lo sceglierebbe. Ed io conosco i peggiori cani della zona. Anche i peggiori figli di puttana, se per questo".
"Uhm...bhè già...suppongo...che te ne mancasse una. Tra cani e figli ignoti."
"Tu proncuncia il tuo tormento ed io vi troverò dignitoso domicilio"
"E chi ti dice...che io sia preda d'un tormento. E se fossero moletplici, i tormenti ? E se fosse solo voglia d'alcol. O se invece volessi solo nerchia di mare ? E se invece si rivelasse la noia del nulla. O fosse, tutto, solo un caso."
"Non importa. Io sono un ubriacone. Agli ubriaconi piacciono le narreriedelle persone. Solitamente, nelle proprie storie, parlano della vita. Così un ubriacone parte ad ascoltare già settato sul farsesco mentre il narratore racconta corrucciato come se la vita fosse roba seria. Roba con senso."
"Non ho chiesto la storia della tua vita, ubriacone senza nome".
"Ed io non te la propino, bionda."
"Ci troviamo dinnanzi ad un punto morto, azzarderei, allora."
"Oh no. Fortunatamente oltra ad essere un ubriacone posseggo una nerchia. E tu m'attizzi. Ed io ti desidero".
"Non ti vedo che da qualche minuto e non ti conosco meglio del prossimo che incrocerò pà la strada"
"E questo ti basta ?"
"E a te?"
"Io sono qui. Rimarrò ancora un pò"
"Un pò quanto ?"
"Eh dipende, sai, cara. Dipende da questa." E diedi una pacca al lardume addominale -che prese così a ballonzolare-.
"Dipende dà ciccia ?"
"Eh sì...finchè esso non marcisce e il bianco s'impadronisce dell'occhi miei, io son confinato qui."
"E che c'ha di male qui ? Non ti piace per caso ?"
"Fica, alcol e fumo ? Paesaggi, fogli e storie ? Un artifizio migliore del grigio colletto e del matrimonio"
"Non parlerò. Non scoperò ma neanche me ne andrò"
"Non parlerò. Non posso promettermi che riuscirò a non scoparti ma non me ne andrò"
"E che farai ?"
"Resterò qui. Con te"
"Non tengo intenzione di parlare del motivo che mi porta qui. Non proferisco verbo sulla ragione per cui resto. Non confesserò ciò che mi spinge a non andare."
"Bene. Così sia."

Rimanemmo lì.
Oh via, dopo un paio d'ore, Kid doveva chiudere il locale. Esso tentò di cacciarci. Ci prese a calci e male parole, entrambi. Tutto inutile. Non un verbo, un respiro. Tanto meno un gesto.
I giorni passavano. Eravamo divenuti parte del mobilio. Dalle sedie eravamo stati buttati contro il muro. Uno di rimpetto all'altro.
Passavano i giorni. Credo.
Passavano i giorni. Trascorrevano solo quelli.

Tolse il dito. Il dottore. Dalla venuzza smunta che non battea più. Prima quella della bionda e poi la mia.
Morte per mancanza di nutrimento scarabocchiarono da qualche parte.
Ce n'eravamo andati già da un pò.
Parte del mobilio d'un locale da cani sulle rive d'un fiume.
Insieme e senza una parola.
Voi che avreste fatto al nostro posto ?

Fine
JL

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