"Hai mai danzato col faggio nella pallida Madesimo ?" - Il racconto del Capo d'anno 2012


Hai mai danzato con un faggio nel pallido plenilunio ?

“Ja. Ja”
“Sì…Dimmi Luke”.
“Ja…La macchina non sale…Dobbiamo mettere le catene”
Il freddo suono di una goccia di sudore che si lancia giù. Dalla fronte lungo la schiena mentre il buco del culo si stringe così velocemente che non ricordi più se ne hai mai, effettivamente, posseduto uno.
Torno a fissare il conducente del veicolo. Anche lui è spaventato nonostante tenti di mantenere alto il livello della truppa. Oddio siamo in due, al massimo un mini esercito della salvezza.
Le catene della macchina. Il mio antico ed acerrimo nemico. La prima volta che ci scontrammo fu durante la guerra di secessione quando il mio cavallo, -rimasto bloccato da un’improvvisa ed arcigna tempesta di neve sul passo dello Yucatan-, mi obbligò ad infilargliele. Dopo bene trentacinque secondi di vani tentativi ammazzai il cavallo e, scavatomi un giaciglio nella neve, lo arrostii in attesa che venissero a recuperarmi. E questa è la storia di come conobbi Lanterna Verde *__*
Luca tornò a fissarmi:”Ja…questo è quanto. Mettiamole.”
“Deglutì e scesi dalla macchina imprecando in lingue che ignoravo di conoscere. Mi si palesò dinnanzi il mio compagno di viaggio con in mano un’infida scatolina sulla quale campeggiava il ridente disegno di due catene sbrilluccicanti che, già montate, ammiccavano al guidatore.
Pensai tra me e me:”Bhè allora non può essere poi così difficile. Lui ingegnere io avvocato….Bhè lui ingegnere ed io sobrio…ce la faremo velocemente. Facile. Sereni. Go between”.
Dopo circa 45 min di preliminari io avevo perso una mano e l’uso parziale della parte sinistra della faccia. Luca interloquiva con Arrigo Sacchi mentre faceva l’angelo su di un cumolo di neve. Non ricordo bene chi richiamò all’ordine chi. Ricordo solamente il rumore che fece la Polo durante quella fottuta salita di 35 secondi che ci aveva richiesto uno sforzo psico-fisico senza precedenti.
Fieri e impettiti come solo Malgioglio alla festa del wurstel tirolese aspettammo l’arrivo del padrone di casa, sicuri di ricevere svariati complimenti per via della nostra recente impresa. Ad oggi ancora non so dire con certezza se l’uomo che ci venne incontro fosse il padrone di casa o la reincarnazione di Garrison, posso solo dire che ci venne incontro un uomo vestito con: mon boot azzurri dragone, pantaloni della tuta leggerrimi e magliettina di finta flanella in realtà sputo solidificato. La cosa più pesante che portava erano un paio di Ray Ban tra l’altro eccessivamente fighi. Arrivato alla nostra altezza ci abbracciò e limonò sapientemente. Ergo sì. Era Lorenzo, il padrone di casa. Finiti i convenevoli il suo sguardo si posò automaticamente sulle catene. Un cenno di disgusto mal celato seguito da un conato di vomito -che provocò una valanga- furono i suoi unici commenti al nostro operato. Con la promessa di metterle a posto il giorno dopo ci aiutò a portare i bagagli dentro casa. Ormai avvolti dal caldo tepore di quelle intime quattro mura, due considerazioni catturarono la mia attenzione. 1) Eravamo finalmente a Medesimo e per quanto quel posto fosse un improbabile mix di Courmayeur, paesino di Twilight e Narnia, di primo acchito mi piaceva. 2) Non avrei toccato mai più un paio di fottute catene.
In pieno stile Crazy Mod buttai la valigia da qualche parte e feci la veloce conoscenza dei miei coinquilini. Il primo che mi salutò fu Puddu. Puddu Daniele per la precisione un coltivatore sardo che aveva fatto i soldi con i combattimenti illegali tra cinghiali. Adesso faceva la bella vita al nord con catenazze d’oro e peli molesti che fuoruscivano a caso da camicie e t-shirt. Congedatomi da Puddu ebbi modo di conoscere La Cesaretti. La particolarità di questa donna era nel non avere un nome. Ogni volta che qualcuno interloquiva con lei, questa creaturina del Signore veniva apostrofata all’urlo di:”La Cesaretti la la la la la”. Insieme a lei c’era Alessia. Una ragazza di forma gnomica che si qualificò agl’occhi della truppa per il suo amore verso i paraorecchi, il cibo in genere e le mestruazioni moleste. Dopo la coppia di donne si palesò dinnanzi a me un tris di Jack variamente assortito. Sul centro destra avanzava circospetto Fabrizio Maresca impiegato al call center dell’892424, nonché detective in corsia a tempo perso. Sul centro sinistra: Daniele una pertica di due metri e zero cinque anche lui giunta a destinazione da poco. Al centro con il numero 10 Alessandro Papa l’uomo dallo sguardo circospetto e dai commenti fulminanti. Una specie di quarto membro della Gialappa’s Band solo molto, molto, più alto. Infine c’erano il mio compagno di viaggio Luca: un ex pilota di caccia con un trascorso calcistico di una certa rilevanza ed un amore smodato per Cristiano Ronaldo. Oltre a lui: Lorenzo il già citato padrone di casa. Un torello da monta col sarcasmo del Texano dei Simpson. Insieme a lui la sorella Carola. Solo grazie a lei non abbiamo passato il tempo tra la pattumiera ed i peli umani. Pensavo di aver conosciuto tutti , così feci per lasciarmi cadere a peso morto sul divano quando una mano bussò sulla spalla destra. I miei occhi strabuzzarono in automatico.
“Miiiiiiiiiiii no posso crederci sto conoscendo à Checco Zalone...”
“No minnchioooooooone sono à Giorgio” e poi scoreggiò facendosi richiamare per la prima volta all’ordine da un’infastidita Carola”.
Abbracciai quell’accrocchio di cromosomi e peperoncino e finalmente mi accasciai sul fottuto divano.
Il pomeriggio era alle porte. Così accompagnai Luca a comprare il famoso “ultimo pacchetto e poi smetto”. Dell’operazione “Zaga” mi sovviene alla memoria solo il fatto che Madesimo possiede un’edicola di dimensioni gargantuesche.
Erano già le due e mezza e la sobrietà la faceva, fastidiosamente, ancora da padrona. Così alla Cesaretti venne dato il compito di scimmiottare un amanuense. Si riscrisse per tre ore il giochino alcolico che girava su Faccia-Libro. Ovviamente un secondo dopo aver finito arrivò Puddu che la fissò ed iniziò d urlare:”Hai lasciato la linea bianca. Cretina.”
Decidemmo allora, tra una lacrima e l’altra della Cesaretti -che intanto continuava a prendersi della cretina da Giorgio-, di giocare ad un altro gioco. Un gioco senza un nome, senza un senso e con tutto da perdere, dignità in primis. Il gioco consisteva nel pescare una carta a cazzo e poi bere. Non c’era nessun motivo per il quale si potesse non bere. La parte variabile del gioco consisteva solo nel numero di babbei che dovevano bere come se non ci fosse un fottuto domani. Il gioco proseguiva e le uniche ciarle degna di memoria furono dei guaiti della Cesaretti che con intervalli regolari di 15 secondi ripeteva di non apprezzare la birra salvo poi essere zittita e costretta a berne nuovamente. Ogni volta. Per quindici turni. Il gioco in sé si rivelò una delle boiate più divertenti del 2011. Gente che parlava come neanche Scillipoti. Persone che non usavano le congiunzioni pensando che fossero gli articoli. Gente che dopo aver sentito la parola pronome si gettò per terra rantolando. Insomma un sano clima cameratesco di bambagine e alcolismo.
In assoluto, tuttavia, devo ammettere che il premio per la minchiata del giorno andò ex equo a due donne. Carola ed Alessia infatti distanziarono il resto del gruppo senza concedere possibilità di recupero. Carola durante il suo turno e con la spada di Damocle di dover enunciare un vocabolo che facesse rima con “barile” dopo una ricerca forsennata si alzò in piedi e con aria tronfia urlò:”Barile”. Dopo una fragorosa risata generale venne bullizzata ripetutamente dagli scoiattoli. Alessia invece si fece fottere due volte in dieci secondi. Doveva rispondere al quesito:”Razze di maiali”. Allora fissò in giro tentando di fare mente locale. L’occhio che passò da vitreo a color vittoria. Si gira verso Puddu e abbracciandolo urla: “Porceddu”. Inutile dire che venne bullizzata dagli ornitorinchi.
Comunque…il tempo scorreva…le lancette si rincorrevano…le bottiglia di birra si susseguivano, pericolosamente. Erano le tre e mezza del pomeriggio.
Mancavano 6 carte per 6 persone. Ultimo giro. All In. Show time.
Il mio turno. Alzo. Carta insulsa. Penso alla mia famiglia e le dedico la vittoria.
Giuro !!! Una tensione che neanche la roulette russa.
Il turno di Puddu. Alza. Carta inutile. E’ salvo.
Tocca a Lollo. Alza. Carta Inutile. Inizia a sparare con la sua 44 magnum. E’ salvo.
Mancano tre carte contro La Cesaretti, Alessia e Luca.
Io lancio uno sguardo a Luca e gli ricordo il discorso sulle probabilità e sui sistemoni. Lui mi risponde con uno sguardo sicuro.
La Cesaretti alza la carta. Carta inutile. E’ salva ma non le piace comunque la birra.
Due carte. Due persone. Il 50%
Alessia si butta. Solleva la carta. Carta inutile. E’ salva.
Luca deglutisce mentre gli viene posato sotto il naso il quartino di birra più infido di sempre. E’ gloria per tutti ed il gioco alla fine si rivela essere una fucina di stronzate ed un buon viatico verso la sbornia molesta senza domani.
In seguito andammo in paese poichè qualche ciccio-merda voleva ciccio-merdare con una crepe alla nutella –stranamente quella volta io non feci il ciccio-merda ma con l’alcol ingurgitato avrei dovuto…anche se il cioccolato fa salire l’alcol di più e più velocemente….uhm ok la smetto con questi excursus noiosissimi-. Mangiata la Crepe stavamo tornando a casa quando un povero mentecatto senza nome ebbe la malaugurata idea di lanciare un petardo. Il proiettile andò a scoppiare esattamente sotto la scarpa di Lollo causandogli eccessiva caca al culo, uno spavento notevole nonché, come sempre succede, fortissima e demenziale ilarità in tutti gli altri presenti.
Una iena. Io in quel momento ho capito che Abrigo Lorenzo non è un uomo ma una iena o almeno un Transformer. Quel piccolo uomo si trasformò in un tagliagole bulgaro assetato di sangue. Iniziò a fabbricare palle di neve ad una velocità non umana per poi lanciarle contro la finestra di quello che lui, senza nessuna prova, riteneva essere il possibile colpevole o quanto meno un papabile testimone. Riuscimmo a richiamarlo all’ordine solamente diversi -e quando dico diversi intendo fottutamente troppi minuti- dopo.
Veniamo a noi, o cari lettori. Io oggettivamente non ricordo con rigore cronologico cosa cazzo sia esattamente successo dopo quel gioco. Non ricordo quando il cielo si oscurò. Quando iniziai a farmi ritrarre in foto moleste nelle quali la mia unica abilità era mostrare il medio. Non so dirvi quante magliette si cambiò Puddu o perché Checco Zalone continuasse incessantemente a scoreggiare di fianco a Carola sorprendendosi, tra l’altro, quando la Crista lo richiamava all’ordine ormai esasperata dal protrarsi di quella puzza di morto.
Non so dirvelo. Ovviamente dopo due birre ero sobrio e non mi ero ancora segato in salotto, tuttavia credo che la vagonata di alcol che mi atterrò sul capocollo nelle ore seguenti….ecco, abbia in qualche modo passato una mano di vernice invisibile sui miei ricordi del passato prossimo. Così che nella mia mente si alternano flash, ricordi veri, falsi o non avvenuti (e c’è una bella differenza tra una cosa falsa ed una non avvenuta). Insomma pensieri che ruotano nella mia testa “per vanvara”. Quindi non seguirò il mio fottuto ordine mentis ma andrò alla cazzo di cane -anche detto “scimitarra”- riportando ciò che mi sovviene.
Non posso non dedicare il primo ricordo al padrone di casa, colui che senza un motivo, un perché o una banconota da 50 iuri, iniziò a rotolarsi nella neve (fredda) lottando contro Puddu e finendo per infierire sul provato cadavere della Cesaretti che inutilmente continuava a ricordare alla fauna il suo disprezzo per la birra. Di lì a poco io rischiai la vita. Stavo telefonando ai miei nonni. Credo per fargli gli auguri…anzi mi auguro di non avergli detto fan culo (capirete dopo il perché). Comunque stavo al telefono, quando finita la telefonata, avvertii una fastidiosa secchezza alle fauci…così prontamente mi diressi verso il soggiorno e fu lì che due cretini a caso (ora non mi sovvengono le esatte fattezze dei minchioni di turno) pensarono bene di farmi esplodere un fottuto petardo a 25 centimetri dal piede ma soprattutto a 30 cm dal mio fottuto sparviero. Devo dire che un po’ l’aria colpevole dei lanciatori ed un po’ il sollievo di avere ancora un fagotto in mezzo alle gambe contribuirono a che io rientrassi in casa e continuassi a bermela e a fare foto che neanche su “Men’s Health”. Nel frattempo Luca tra vodka alla menta, vodka liscia e altri bicchieri accusava il suo periodo più buio macchiandosi di foto da "Una bomber" dove tirava fuori lingue o fissava ansioso l’obbiettivo in pieno stile bambino "The ring". Lorenzo si era auto catapultato nell’October Fest bandendo l’uso della maglietta. Ale Papa continuava a ingurgitare liquidi restando silenziosamente appollaiato di fianco all’ipod di turno. Dani e la Carola giravano per la stanza attraendosi come un pianeta coi propri satelliti. Fabri accusava anche lui un momento di scarsa lucidità che non si spiega, visto che quell’uomo si nutriva sia per la parte solida che per quella liquida esclusivamente di Coca Cola. La Cesaretti faceva avanti e indietro da qualche parte a qualche altra. E l’Ale limonava con due paraorecchi di finissimo pelo nero (che poco prima Giorgio si era strofinato sugli zebedei….non è vero…però ti sei presa male ehhh ?).
Nel frattempo io avevo ricevuto, come augurio, la foto di un culo da un’amica estroversa. Appurata la bontà dell’idea avevo deciso di fotografarmi il deretano ed inviarlo ai miei contatti sicuro che ricevendo un capolavoro del genere, il primo giorno del nuovo anno, il 2012 sarebbe stato per forza eccezionale. Poco dopo ebbi il primo black out. A onor del vero me ne resi conto solo il giorno dopo. Stavo festeggiando col resto della ciurma quando ricevetti un messaggio d’auguri da una cara amica che per ragioni di privacy citerò solo come: Dalila R, anzi è meglio: D. Romaniello. Il messaggio proveniva da un’amica in difficoltà per motivi alcolici e recitava, in sintesi, un augurio per un anno pieno di botte di culo. La mia risposta fu:”Fan culo”. Non seppi mai il motivo di quella risposta…
Il tempo trascorreva. Io ero stato appena flashato da un altro black out. Ci trovavamo fuori su una salita innevata a giocare col bob, con le palle di neve e col cazzo che si frega. Tutti erano coperti fino ai denti. Tutti. Tranne me. L’Ale  cercò di uccidermi o di farmi notare la cosa, in maniera reiterata, alzandomi la maglietta ed appoggiando le sue manine sulla pancia per poi urlare -con la stessa convinzione del vecchio che guarda il nipote e dice:” Eh sì è proprio San Crispino”- :”Ragazzi ma è caldo. E’ caldo”
Da documenti fotografici consegnatimi recentemente da Puddu pare che poco dopo io mi sia dilettato nello spingere persone a caso giù dalla discesa. Ma di questo non ho assolutamente nessun ricordo. Ricordo invece che ad una certa mi accanì senza pietà contro il Woolrich rosso di Puddu tentando di spingerlo giù da un crepaccio. Per salvarsi il povero Cristo ci rimise buona parte della gamba sinistra. Nel frattempo un Luca fintamente infastidito cercava di scrollarsi dalle balle Giorgio. Luca girovagava affermando che:”Quella sigaretta sarebbe stata l’ultima” mentre un non fiducioso Giorgius lo inseguiva con costanza.
Ad una certa: Il delirio.
Non so con che nome venga chiamato. Conosco solo il numero dei Cristoni che mi estirpò quando pervase la mia cavità laterale più comunemente chiamata: orecchio sinistro.
Ad una certa….qualcuno (come sempre al momento del dunque io dimentico le facce) iniziò a lanciare palle di neve. Un qualcuno ancora più qualcuno me ne lanciò -con forza e precisione infide- una nell’orecchio. A parte il fottuto freddo che in un nano secondo pervase il mio orecchio procurandomi un’istantanea e momentanea cecità. Ma il dolore,…il fottuto dolore provocato dallo spaccarsi di quell’agglomerato di ghiaccio contro il mio dolce orecchio di puro filetto di manzo. Insomma persi quel poco di ragione che mi accompagnava. Venni braccato da Giorgio che mi guardava come Sacchi con Baresi dopo il rigore di Usa ’94:” Ja, Ja stai calmo è solo una palla. Una palla di neve”. Io non sentivo niente….riferiscono che ripetessi questa frase senza voler sentire ulteriori ragioni:” Perché sono buono e caro ma quando si lanciano le palle di neve si deve dire chi è stato se no litighiamo. Se no non andiamo d’accordo”. Insomma, avevo perso la ragione e l’uso dell’Italiano. Probabilmente in seguito qualcuno disse whisky perché improvvisamente mi ritrovai a correre come un bambino con un lecca lecca in mano verso casa. O mio Dio la bellezza di creare risse e sgonfiarle nel giro di un secondo su vaccate che non ricordi…
Altro buco. Altro flash back. Altra corsa. Potevano essere le 20.00 o le 24.00….ma più probabilmente le 24.00 perché facemmo in tempo ad ingurgitare un piatto di pasta che eravamo di nuovo con un bicchiere in mano a farci gli auguri con conto alla rovescia annesso. Lollo, senza maglietta, abbracciava in maniera molesta e affettuosa chiunque gli capitasse tra le zampe. Un Puddu senza voce compiva movimenti che nemmeno l’uomo Duff dei Simpson….Giorgio mi seguiva ed io bevevo quello che mi passava lui…che se non erro era un dragone. Poi mi feci un paio di jack con Luca, ampiamente ripresosi, al contrario del sottoscritto e mi dedicai ad altre foto con le nostre modelle di intimo. Le nostre modelle che poi schiavizzarono Puddu facendo foto dove gli appoggiavano i piedi sulle spalle. La cosa geniale era la faccia goduta di Puddu mentre respirava muschi e licheni che sottostavano ai piedi delle signore. Dani e Ale Papa circospetti si aggiravano per la stanza e Fabri si accoppiò con me per motivi che ancora oggi ignoro…
Insomma a Madesimo si respirava un’aria carica. Con fatica ci cambiammo tutti quanti. Tutti tranne Puddu che si cambiò per la quarta volta. Ha cambiato più vestiti Puddu in una serata Che Freezer in Dragon Ball. Armati e belli come il sole ci avviamo alla volta della discoteca.
Uso il termine “della discoteca” poiché tutt’oggi non ricordo come diavolo si chiamasse il posto. Ricordo che inizialmente dovevamo andare in un posto chiamato “Tender” solo che arrivati dinnanzi e constata la presenza d' innumerevoli pattuglie di potenti tutori della legge…ritenemmo il caso di virare sulla nostra seconda scelta: “Il locale senza nome”. Appena prima di entrare nel posto, io scorsi un ragazzo paffutello e abbastanza alto che mi fissava rimanendo contemporaneamente perso nel vuoto. Con passo felpato m’avvicinai e con lo stesso tono con cui a 5 anni chiesi l’autografo a Klinsmann gli dissi:”Ma tu sei il cugino di Ema?” La risposta fu meravigliosa:”No. Cioè sì. Forse, può darsi. Dov’è il Jolly Rogers ?” La bellezza di quella risposta fece scemare in me ogni interesse nel continuare la conversazione così lo appioppai a Carola e m’infilai nel club senza nome.
Sfortunatamente o fortunatamente oppure è semplicemente quello che è successo…comunque…i livelli di alcol ingeriti -ininterrottamente- dalle tre e mezza del pomeriggio fino a 20 min prima di entrare in discoteca si facevano sentire. Ero abbastanza in difficoltà…ma soprattutto una sonnolenza di proporzioni cosmiche si stava impadronendo della mia putrida carne ballonzolante. Ricordo che pensavo fossero almeno le 4 o le 5 del mattino quando in realtà erano le due e due. Ricordo che girovagai a cazzo nella discoteca, così, almeno per tenere serena la mia coscienza e poter dire: “T’ho visto discoteca..mi ricordo di te”. Mi ricordo anche, che mentre gli altri, come avidi carogne, s’avventavano verso il banco brandendo con aria bellicosa il proprio free drink solamente io e Luca rimanemmo al tavolo a far finta di conversare come due lord inglesi dopo le scommesse all’ippodromo. In effetti lui ogni tanto testava i miei riflessi ed io che avevo già inserito il pilota automatico andavo d’esperienza, anche se in quel momento nel mio cervello c’era la più sexy delle immagini: io che mi ciulavo violentemente un fottuto piumone. Stavo morendo di sonno. Non sarei durato ancora molto. Con quel poco che rimaneva della mia dignità ma soprattutto della mia lucidità e delle mie forze psico-fisiche mi congedai dal mio compare intimandogli di salutarmi gli altri. In realtà trovai gli altri prima di lui e li salutai tutti o blaterai ad ognuno di loro cose a vanvera. Dopo di che con aria fiera mi diressi a testa alta verso l’uscita, salvo trovarmi in coda per il cesso. Allora feci la strada al contrario e mi ritrovai nella folla. Presi un’altra strada e mi ritrovai di nuovo chiuso nel cesso. Non mi scappava ma la feci così almeno avrei avuto qualche secondo per ragionare sul da farsi consultandomi con il mio argano. Mi rituffai senza speranza tra la folla e questa volta imbroccai la strada giusta tanto che in pochi secondi mi ritrovai fuori al freddo. Pensavo -povero idiota del cazzo- di aver scollinato anche l’ultima difficoltà e che ormai il ritorno a casa fosse una mera formalità da assolvere con armonia olistica. Oh cazzo !!! Goccia che scende lungo la schiena, sbornia molesta che ruggisce, quel poco di lucidità che lucidamente ti sfancula ed un ultimo pensiero lucido:”Ma io non conosco la fottuta strada di casa e non ho lasciato dietro di me delle fottute palline di mollica”.
Cercai di fare l’ottimista perdendomi in una fragorosa e solitaria risata e mi diressi verso il rumore dell’acqua che sentivo. In quel momento due pensieri campeggiavano nella mia testa: 1) fare affidamento sul mio senso d’orientamento (e non si capisce per quale diavolo di motivo visto che mi ha sempre tradito ed è pari a quello che potrebbe avere Pocahontas a Manhattan) 2) il rumore di acqua in montagna ha sempre ragione. Frasi sconnesse a parte continuavo a camminare. Premettiamo che io avrei scoperto solo il giorno dopo la tempistica e la lungaggine -ESATTE- del mio rientro. Erano comunque 20 min che camminavo e all’andata non mi sembrava che la strada fosse stata così lunga. Nel frattempo in discoteca i miei compari continuavano a bisbocciare. Lollo aveva puntato un tipo a caso, uno che si chiamava “Tipo a caso” e aveva deciso di menarlo, fortunatamente grazie a Zeus sul cammino aveva trovato una ragazza di nome Olivia e l’aveva piallata. E qui s’avverò l’ennesimo capo lavoro….non si capisce come mai...ma gli ubriaconi roteavano intorno a Luca. Così Lorenzo con sorriso molesto e brandendo la sua Colt si avvicinò al povero Cristo dicendogli che sarebbe andato a casa di Olivia e quindi di non aspettarlo alzato. Dopo 5 minuti Luca passò dalla pista di ballo e vide Lollo intento a farsi i cazzi suoi. Così alla domanda :”Ma Olivia ?” Lollo rispose scuotendo la testa come nel videoclip di:”Bittersweet Simphony”. Lollo che tra l’altro, nell’arco della serata, affrontò un altro momento.”te spiezzo in due”. Quando ,non si sa bene a chi, confidò:”Uè roccia, adesso picchio qualcuno”. Fortunatamente fu richiamato all’ordine più celermente della prima volta. Nel frattempo Dani spintonava persone a caso la cui unica colpa  era quella di rivolgere la parola a Carola per chiedere informazioni. Carola aveva dismesso i panni da civile e travestitasi da Omino Michelin continuava a fornire informazioni ai passanti. L’Ali limonava i paraorecchi, La Cesaretti faceva La Cesaretti e Ale papa è tutt’ora un mistero..quindi vi conviene chiedere a Raz Degan.
Il freddo sferzava la mia pelle e non ci sarebbero state creme antirughe a salvarmi questa volta. Erano almeno 40 minuti che stavo camminando ma considerando che ero ubriaco come un tamarindo acerbo potevano benissimo essere tre ore. Dovevo aver circumnavigato Madesimo almeno 6 volte -iniziavo a calpestare le mie impronte-.
La follia s’impadronì di me e decisi di tagliare la strada da parte a parte. Questo comportò scavalcare un ciottolo in pietra e scivolare nella neve fresca per una trentina di metri. Salvo accorgermi, una volta finito di ruzzolare come un idiota, che c’era una recinzione invalicabile e dover quindi ritornare su. Nonostante la neve mi fosse entrata anche sotto il prepuzio, stavo sudando come una puttana in Chiesa. In fondo non capita tutti i  giorni di fare come Bear Grylls ma veramente. Avevo appena finito di mangiare una larva e bere del the che mi ero preparato grazie allo sterco delle muffette. I miei reni e le proteine erano a posto. Insomma, ammettiamolo, era probabile che mi fossi perso. I sensi erano a posto…e stavo iniziando a tornare sobrio. Tuttavia mi ero veramente rotto le fajitas di girare senza meta come un mentecatto. Avevo visitato qualsiasi anfratto possibile di quel fottuto paesino. Ormai meritavo la cittadinanza onoraria a prescindere. Avevo un polaretto in mezzo alle gambe e comunque c’era poco altro che potessi fare
…quando….
Il delirio parte seconda.
Avevo un telefono. No !!! Avevo un iphone.  Mi tornò in mente Luca (ubriacone ---> cerca persona con cui parlare = Luca Orlando) quando in discoteca gli avevo chiesto se avesse il numero di Fabri scordandomi che ce l’avevo io –che avariata testa di membro che ero-. Presi il telefono e chiamai  Fabri. Questa è la trascrizione esatta della telefonata:
“Fabri…”
“Sì…”
“Ciao sono Jaco. Tutto bene ?”
“Sì, dimmi…”
“Come mai non sei venuto a ballare ?”
“*___* Troll face….Non mi piace molto la discoteca come ambiente”
“Ah bè peccato. Senti io sono momentaneamente disperso quindi pensavo che….VIENIMI A PREDENERE !!!”
“Dove sei ?”
“Fabri cu minchia ne saccia ?”
“A cosa sei vicino? Dimmi il nome della via ?”
“Case. Alberi.”
“Ma a Madesimo non c’è una via che si chiama così…”
“No Fabri. Sono circondato da case ed alberi.”
“Ah bè allora non saprei…”
“Trovo un modo io per tornare. Go between a duplo.”

Il tutto mentre correvo come Keanu Reeves nella scena finale di Matrix.


Insomma quando ormai tutte le speranze sembravano esaurite e sconsolato scendevo per l’unica, forse, strada intonsa dalle mie orme guardai distrattamente alla mia sinistra. Guardai distrattamente riflettendo sul fatto che quella salitina del cazzo assomigliava molestamente a quella che la mattina precedente m’aveva visto “catenaro improvvisato insieme all’ingegnere”. Dio Santo ma allora Giove esiste e lancia saette. Ero a casa. Corsi a perdi fiato su per la salitina con in testa la canzone di “Momenti di gloria”. Ero impettito e fiero come solo Mitch Buchannon. Arrivato a casa abbracciai Fabri e rilasciai una lunga intervista allo specchio nella quale raccontai la mia lunga prigionia. Poi ,senza un gesto scomposto, dismisi gli abiti dell’auto-sequestro che ormai assomigliavano in tutto e per tutto a quelli di un rom della Stazione Centrale e m’infilai sotto le lenzuola candido e sereno come solo i giusti e gli idioti. Il mio ultimo pensiero fu che per dodici ore non mi avrebbero svegliato neanche con una gang bang di rinoceronti di fianco. Infattamente circa un’ora dopo, Lorenzo e la sua allegra combriccola di rompicojoni mi svegliarono.  Al che, nonostante le mie pacate rimostranze venni spedito a dormire con….con chi ? Eh sì con Luca Orlando sopra un telone da circo che di solito veniva usato per attutire la caduta dell’uomo cannone. Prima di ri-addormentarmi regalai ancora due perle: 1) rubai a cazzo e non so per quale fottuto motivo un indumento ad ogni membro della camera 2) Mi voltai stizzito verso Luca -ma potrebbe essere ancora Carola- e dissi:”Bhè una coperta…” Constatato che m’ignoravano mi rivolsi a Luca e gli dissi:”Bhè non siamo degni di una coperta.” Finita la frase stavo dormendo. Tanto che quando arrivò la coperta mi presi gl’insulti di chi l’aveva portata. La notte passò sostanzialmente bene. Giorgio russava che neanche Louis Armstrong quando suonava la tromba e ogni volta che Luca o io ci muovevamo l’altro rischiava di essere sbalzato, a turno, o contro la parete o contro una poltrona. Per non parlare del fottuto freddo che scuoteva le nostre carni eccessivamente provate. All’una meno un quarto del giorno dopo che in realtà era lo stesso di quando eravamo andati a letto riaprimmo gli occhi. Le prime due cose che vidi furono un Luca a 4 zampe ed un Ale Papa che pesantemente in difficoltà tentava di zittire un telefonino. Io ovviamente non lo riconobbi e lo scambiai per Lollo tanto da pensare:”Ma perchè me l’ha cagato per la camera che tanto dorme in salotto con noi…”. Bah
Nel giro di mezz’ora la vita era tornata felice ospite di casa Abrigo.
Non si sa per quale motivo ma “La Stanza” divenne il luogo del ritrovo. Così tra un Fabri stile Hugh Hefner ed un Puddu circondato di fazzoletti compromettenti ed ormai con la voce simile al tizio che canta “Ai se eu te pego” tutti noi altri trovammo un posto.
Giuro che non ho mai riso come in quei 40 minuti. Venne fuori che io mi ero incatenato ad un Faggio –ma poteva essere anche un Pioppo-. Si scoprì che la Cesaretti in assenza del suo uomo tendeva a mescolarsi tra la popolazione di Big Foot che risiedevano stabilmente a Madesimo. Da questa rivelazione ne scaturirono altre due, devastanti. Un Lollo che ancora tramortito come un Cercopiteco si alza tipo talpa dello yomo dicendo:”Donna Pelosa….Bella !!!!”. La seconda è figlia di un Puddu esterrefatto che con aria sconcertata -pari solo a quella di Galliani quando il Milan perse la Champions ad Istanbul- ci guardò e disse:”L’intimo rosa coi peli nooooooooooooooooooooooo.”.
La Cesaretti stessa si rese protagonista di un capolavoro quando all’uscita dal bagno intercettò Puddu dicendogli:”Che schifo ho trovato un pelo pubico, umano, sul water”. Puddu la guardò e disse:”Embè….Sarà tuo ?”. Lei pronta rispose:”No…..i miei li conosco”.
Insomma momenti  rari che proseguirono con ritmo serrato. Una serie di risate moleste una dietro l’altra.
Ma come sempre tutto ha una fine. Bisogna vedere quanto lunga….Alle 2 Lollo iniziò a dire:”Uhm una pizza….ehmm…me la farei”. Io ero d’accordo e sostanzialmente lo erano tutti. La situazione si risolse alle ore 3 e un quarto quando solo i bigoli di casa uscirono per andare a nutrirsi.
Dopo essere stati rimbalzati da una pizzeria e aver scoperto che anche a Madesimo c’è un ristorante sardo…riuscimmo a trovare posto in un locanda, i camerieri della quale dovevano aver fatto largo consumo di stupefacenti la notte prima. V’erano due tipi di camerieri. Anzi tre. La figa scema di merda. Il silenzioso e lo scortese. La figa scema di merda venne adottata quasi subito dalla coppia Puddu-Abrigo. Gli altri due ci si appiopparono ai maroni nonostante fossero già stati bollati dalla frase di Giorgio:”Guarda che comunque pago”. Mangiammo tutti una goduriosa pizza con la chicca di Lollo che ordinò una messicana in onore della “La Cesaretti”. Il pranzò volò via tra vaccate, vacche e buoi.

Il tempo stringeva…bla bla bla….bisognava partire…..bla bla bla….Un momento indimenticabile della storia del nostro paese…bla bla bla…l’ospitalità, la gentilezza e il cazzo che si frega col bla bla bla…..TUA MAMMA…bal bla bla…go between bla bla bla.

Alla fine sai…i posti cambiano e se non stai attento ti rapiscono…ma se trovi il faggio giusto anche fare foto oscene con il medio alzato mentre tracanni quartini di birra può diventare un fottuto racconto irreale di una storia vissuta per finta: la tua sgangherata esistenza.
Questa, cari lettori, è la storia di quando salvai l’Apollo 13 dal comunismo.

Che poi, te la posso fare una domanda ? Ma tu….balli mai col faggio nella pallida Madesimo ?!?!?

Fine
Eppi Niu I-er. Go between, Vai tra Fra !!!!

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