Lettera a...
Ciao ragazza, che bella che sei.
Sai mi ricordo una vita fa quando mi hai guardato e mi hai
detto che mi amavi.
Io no, io t'ho detto che amavo te, la tua persona, la tua
essenza. Un amore che scardinava i confini del tempo, congiungendosi fedele
alla tua anima.
Poi sono scivolato. Credevo fosse la schiena a non aver
retto.
Poi è passato del tempo. Poi siamo passati noi. Gioie e
dolori.
Diapositive di una vita che chiamavamo nostra.
Tu mi hai spiegato del cuore. Cosa fosse e come funzionasse.
L'ho usato per dirti che ero innamorato di te. Perso nell'oblio di un
sentimento che mi gonfiava fino a farmi scoppiare. E intendiamoci, scoppiare
andava benissimo, bastava poi poterti proteggere.
Il tuo sorriso pieno e rosso. E quel tuo modo di fare
capolino chiedendomi di lasciarti entrare.
Il tuo modo di farmi incazzare. E la battaglia coi cuscini.
E quel tuo non essere mai doma.
E quella volta che abbiam fatto l'amore. Per me è stata la
prima volta. Prima e unica.
Come abbiamo potuto allontanarci e perderci. Come ho potuto
diventare uno dei fantasmi che disprezzavo.
Sai ho pianto. Non lacrime, non davvero. Non ne sono capace,
anche se ripensandoti mi si bagnano gli occhi. Ho pianto me stesso. Ho sentito
spaccarsi tutto ciò che ero, che rappresentavo.
Però sai…non riesco a rattristarmene. Troppo.
Quelli come me non hanno mai avuto un finale soddisfacente. E a dire il vero neanche l’hanno mai aspettato. Quelli come me non ce la fanno coi finali. Che poi..c’è sempre una fine, comunque.
Quelli come me non hanno mai avuto un finale soddisfacente. E a dire il vero neanche l’hanno mai aspettato. Quelli come me non ce la fanno coi finali. Che poi..c’è sempre una fine, comunque.
Va bene così. Tu mi hai rimesso al mondo. Grazie.
Sei stata l'esperienza e, al contempo, il momento della mia
vita. Unica.
La strada per divenire un uomo è ancora lunga e impervia e
non credo, in tutta onestà, che abbia la costanza per poterla percorrere.
Io scrivo e bevo e..
Tu mi hai insegnato cosa voleva dire essere umano.
Ora certo, la tristezza cala silenziosa un sipario che parla
d'una divisione. D'un addio. D'una curva cieca e straniera.
Non avrei mai pensato di vivere una cosa del genere ma va
bene così.
Mia compagna, amica, confidente e musa. Mio grande amore.
Non voglio salutarti augurandoti fumose speranze per il
futuro. La speranza è infida e sorvola sia chi spera, sia chi è al centro di
quella speranza. Sono sicuro, sicuro, che andrà tutto bene.
Avrai un finale bellissimo e passionale. Accarezzando i tuoi
bambini, abbracciata a tuo marito, su quella spiaggia, col sole che ti sorride
e il vento che, ammiccandoti, ti sorregge.
Mi hai insegnato ad ascoltare col cuore.
Sicuramente ci sarebbero altre cose da dire. Altre che
vorrei dirti. E altre che sarebbe nobile dirti.
Ma sono solamente io e sto precipitando dal grattacielo della vita.
Ho vinto claustrofobia e vertigine.
JL
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