TV/BAR45



Ho visto un bambino giocare a pallone.
Una volta. Quella volta. Tante volte.
Il passato declinato nella lingua di un presente che scrive, giorno per giorno, un futuro.
Il verde. Il vento. Il bianco che tinge i confini dell’erba.
Gocce di sudore trasformate in lacrime di gioia o di pianto.
Ho visto quel bambino crescere.
L’ho visto inseguire un sogno.
Quel sogno divenire a forma di vita e quella vita improntarsi alla realizzazione del sogno.
Ho visto quel bambino riporre palla e scarpini e poi sedersi in panchina.
L’ho visto concedersi a nuovi bambini e uomini.
L’ho visto insegnare e continuare a imparare.
L’ho visto andare avanti sul nastro del tempo.
Poi lui ha visto la malattia.
E l’ha sconfitta.
Ed è tornata.
E lui di nuovo, da capo, ancora.
Alla fine, arriva sempre una fine.
E può starci che, come una partita, la malattia vinca.
Se nell’epilogo dei tuoi giorni te ne vai col sorriso e le lacrime sono compagne di ricordi altrui.
Se alla fine spacchi la singolarità di una vita riuscendo a vivere per sempre.
Allora, in quel caso, la malattia ti porta via ma è comunque un lieto fine.
Lei ha fatto sua la battaglia ma tu hai portato a casa la guerra.
Ombra e polvere. Un briciolo di pace che a tutti, quaggiù, pare mancare.
Resta un arrivederci mai un addio.
Che la terra ti sia lieve e il riposo il più dolce.
Come quel bambino. Come quel pallone.

 - Nell’amorevole e rispettoso ricordo di Tito Vilanova -

Fine
JL

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