La leggerezza delle molecole



Ho scritto una canzone.
Bruciava gli occhi come un raggio di sole fissato dritto per dritto.
Urticava ogni nobile velleità, come la corda e il veleno per topi.
Scioglieva le ali di chi vola sottovento alla follia.
Spegneva l’incedere di cuori abbandonati al triste scandire di lacrime piovute dal cielo.
Stordiva le orecchie con un soffio d’amore. Un nome sussurrato, una notte, su quella spiaggia bagnata dall'oceano del tempo.
Ciottoli rotti, un uccello azzurro. La posizione fetale pigiata contro un muro buio.
Ha ustionato la gola col magone di un violino che suonava il futuro di una storia cominciata anni fa.
Deflagrata nello stomaco sterminando qualsiasi farfalla potessi esserci.
Eppure sono ancora qui a raccontare. E mostrare cicatrici dell'unico volo che valga la pena di spendere.
In questa valle le lacrime si sorridono intuendosi senza capirsi mai, veramente, fino in fondo.
Non finiremo mai, ci sussurriamo in un epilogo che non riconosciamo neanche. Parti a metà di un gioco mai spiegato.
La speranza è solo una verità sbiadita in partenza. Inafferrabile.
Una canzone che ha gli occhi di un amico, il sapore di due labbra antiche e il suono silente del lamento.
Ci sono note che calano il sipario, che presentano la perfezione svelandone il gusto inaspettato.
Un pianoforte batte sui tasti del perché, del ma come, del fino a quando.
Una tavolozza di colori invisibili e asciutti, secchi sulla faccia, come schiaffi.
Forse è per questo che quell'olandese mangiava colori, rapito da afone voci.
Se non ci fosse una fine al fino a quando ?
Non succede quasi mai, non funziona quasi mai. La logica, l'amore, la leggerezza delle molecole.
Non funziona quasi mai, certo, e allora perchè siamo qui ?...

Fine
JL



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