Hank, Audrey e quella piccola bastarda che ha fottuto James



Quelli come noi sono sulla strada. Cani di strada, che però non abbaiano, ululano ma solo a lune liquide.
Una strada americana, piena di contraddizioni e scioglievoli ipocrisie. Un’highway bella come il sole al tramonto quando questo filtra il fumo di una sigaretta per caso.
Una strada impolverata che possiamo solcare solo noi che scappiamo da tutto e che affrontiamo tutti. Noi che abbiamo per uniche amiche bottiglie dal collo lungo e dal nome di sirene.
Noi che non viviamo ma esistiamo. Noi che per capire qualcosa il prezzo è una vita intera. Noi che per resistere o per sopravvivere dobbiamo essere ubriachi perché la finzione non ci piace, vogliamo tutto il carico, tutto insieme e in pieno volto.
Passione e dolore. O fuori dai coglioni. Perfezione e incostanza sul piano cartesiano delle nostre vene avvelenate.
Noi che non abbiamo idoli, ma abbiamo qualche eroe. Noi che parliamo spesso con Dio e divinità in serie ma al massimo abbiamo qualche anima affine.
Noi che il mondo non si divide in uomini e donne ma in puttane e troie. Le prime muoiono per i sentimenti e gli istanti, le seconde si vendono e non c’è altro da aggiungere.
Uccelli azzurri nel petto liberi solo in giorni bisestili che esistono per caso, stregano sul serio e amano per davvero.
Nello scollinare dei miei soli e delle mie lune ho sentito vicino un buon numero di anime. Con me non funziona mai. Le persone sono libri da sfogliare, stagioni da passare. Concedere e rubare tutto e poi ripartire mai uguali a prima. Voce del verbo trascorrere.
Con quanti film e parole e ultimi baci alle stazioni ho condiviso lacrime e patimenti. Con quante canzoni ho ricomposto frammenti di un’anima irrimediabilmente spaccata sin dal principio.
Se mi guardo indietro, tuttavia, resto affezionato al mio Chuck che si presentava come Harry Chinasky. Lui che ne sapeva più di tutti e che beveva più di tutti. Un moscone da bar, bello, bellissimo. Lui conosceva la differenza tra i belli e i brutti del mondo, come quei quattro scarafaggi che hanno impresso la vita in un let it be.
Sospesi e intersecati a doppio filo sul nastro del tempo e dello spazio, credo sia stato per questo che loro ed io…
C’è poi la bellezza che si è sublimata in un nome delicato e leggero. Qualcosa di tanto soffuso ed effimero che la sola pronuncia portava in dote la condanna della sparizione. Si chiamava Audrey ed era un’anima gentile. Alcuni giurano sia ancora in vacanza a Roma.
Al destino, alla morte e a qualsiasi cosa ci sia sopra la punta del mio uccello e della mia testa non manca l’ironia ma manca moltissimo buon gusto.  L’hanno portata via con la scusa di un tumore al colon. Giusto per ricordare che nella vita, più che il talento, ci vuole culo.
C’era Oscar, il più sincero uomo mascherato che abbia mai letto. E con lui William che ancora non si sa chi realmente fosse. E tutta la beat generation. Franz e Luigi e il palo del telegrafo di Salvatore mentre un ungaro Ungaretti ricordava la veglia di una guerra.
C’era James che prese il treno per l’Indiana, nel suo epilogo, e finalmente si ricongiunse con suo padre. Lui della gioventù bruciata. Lui con la sua Porsche maledetta, chiamata “piccola bastarda”. E quell’incidente e la fine di tutto e al contempo l’inizio del mito.
Nella fine il principio.
Nessuna malattia potrà toccarlo. Non invecchierà mai, non ingrasserà mai. Però…c’è sempre il solito contrappasso. Abbracciare una lapide, ti toglie sempre qualcosa e ti trasmette sempre troppo freddo.
Niente è per sempre, neanche la morte.
Ora c’è Cristiano che corre e solca e segna l‘immaginario, emozionando con un gesto.
Ora è tutto più sintetico, tutto meno romantico. Il cuore non pulsa quasi più.
Ora c’è tutto un insieme di cose. Ma qui non si parla di insiemi. Qui si parla dell’unica cosa della quale valga la pena parlare. Un domani, all’inferno, a chi vorrai offrire da bere ?
Audrey non la vedrò neanche lì, infatti è una donna. Si parla di gatti e cani.
Discorsi di anime e passioni.
Torno sulla mia highway, peregrino che sono, costantemente ubriaco di vita e morte, anche se la vita potrebbero scoprire che manchi quaggiù.
Finzioni, finzioni, vi dico. Ombra e polvere.
Vi ritroverò in un’altra vita, ma non ancora.
On the road. Mai casa per me. Mai casa per me.

Ps: James Dean realizzò un’intervista, due settimane prima di perdere la vita in un incidente automobilistico, nella quale invitava le persone  a non correre in macchina.
Il testo dell’intervista recitava “...La vita che salvate potrebbe essere la vostra…” lui invece disse “...La vita che salvate potrebbe essere la mia…”
Due settimane dopo…


Fine
JL

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