Bar


Diffida da coloro che parlano di Paradiso. Per lo meno da chi ti dice che te ne devi andare per poterci entrare.
Se lo vuoi, il paradiso, te ne devi andare…al Bar.
Non ci si entra in un Bar, è lui che inghiotte laddove accetta e nausea laddove rifiuta.
Il Bar non rinnega mai nessuno ma quanti galli ha udito starnazzare contro di sé.
Le sirene, nel Bar, hanno il nome di femmine e il collo lungo delle bottiglie. Ne scorgi il fondo ma niente più, un’intuizione. Ti perdi in fretta e resta solo il riflesso dello sguardo.
Con le sirene trascendi ma solo con una è per sempre, anche se di tanto in tanto la tradisci. La mia odora di Scozia ma parla d’America.
Il padre padrone del Bar è il barista. E’ un dio paziente e misericordioso e, per Dio, nessuno, tranne forse la Santa donna di tua madre, ti conosce come lui.
Il barista sgrana gli occhi e a te viene assegnato un posto ma non un compito. Il tuo posto è il bancone.
Al bancone ci fai tutto. Bevi, non per lo più ma soprattutto, quello sì.
Scopi.
Leggi e quisquigli.
Parli, delle volte, quando te ne sei venuto e ti stanno cambiando il bicchiere. Parlare è una forma di lettura. Al posto dei libri le persone. Io ho scelto le donne.
Il bar è un paradiso che brucia mentre, indigesto, alle volte, scende giù per la trachea.
Ti chiederai sempre cosa tu stia a fare in un bar ma nel momento della risposta, ammaliato, semplicemente domanderai altro.
Gioie e pene. Gocce salate, ridanciane o doloranti.
Ne ha viste un po’ di ogni…
Il Bar. Il Barista. Il popolo di ‘onesti’ ubriaconi.
Che non si creda mica che l’ubriacone beva. L’ubriacone s’ubriaca, di che cosa è scelta sua e prima di lui…di chi lo sa.
Il Bar è il paradiso pulsante di una notte passionale. Democraticamente autoritario nella propria, silente, anarchia.
La gente s’illumina a intermittenza ma al bar…Ci siamo capiti.
A pensarci qua sta salendo una certa afa.
Paradiso, si diceva ?


Fine
JL

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