Palmo di mano


La fisso.
Il sole scompare svogliato alle nostre spalle. Intorno a noi, una radura a forma di U ci abbraccia.
La rifisso.
Sarebbe meglio: la osservo, la scruto. Cerco di guardarle dentro l’anima.
Sono angosciato, non è una di quelle angosce che si fuggono ma non è neanche la sensazione più edificante che si possa provare. E’…una sensazione. Malata. Come me.
Scruto i suoi occhi ambrati, naturalmente di colore verde ma che col riflesso del sole tramontino sembrano affogati in oro liquido e smeraldi.
Inspiro.
Sento l’odore delle vacche pascolanti in lontananza.
Sento il sottobosco valdostano: con i suoi sapori forti, la paglia e lo sterco concimato.
Sento l’odore dell’aria, così: pura, imperiosa e piena. Mi entra nel naso facendomi assaporare mille fragranze e da me ne esce arricchito di uno. Il mio.
Le accarezzo i capelli, facendoli curvare, gentilmente ma con mano ferma dietro le orecchie così…perfette e simmetriche.
Lei mi sorride, mi incoraggia in qualche modo, credo…
Avverto distintamente il momento in cui il mio cervello invia alla bocca  -quasi fosse un piccione viaggiatore-  l’impulso di aprirsi a modulare una frase.
Chiudo gli occhi.
Apro la bocca.
Inspiro.
“ Non è importante il nome”. “ Né, nessuna delle cose che potrai dirmi riguardo a te. Ciò che so di te l’ho imparato: stringendoti la mano, respirandoti addosso, specchiandomi nelle tue pupille, bagnandomi nella tua anima, amando i tuoi difetti e abbandonandomi nei pregi e nella tua grandezza. Quella che io so di te, sei tu. “
Prendo una boccata. Lunga. Di aria…
Continuo.
“ Quello che tu sai di me, l’unica cosa che sempre e solo potrai sapere: è che ti amo e ti ho amato. Non nel senso convenzionalmente usato dagli uomini ma in quello più viscerale del termine.
Io ti ho amato.
Ti sono stato vicino cercando di: proteggerti, vegliando su di te e tentando di regalarti sempre la miglior possibilità, fosse stata anche  lontana da me.
Ti ho regalato la mia gioia, il mio spirito ed il mio cuore. Ho preso la parte più bella di me e te l’ho donata, strappandola dal mio essere senza una sola esitazione.”
Acqua bagna il mio viso.
Una liberazione. Erano anni che non piangevo più. Non mi ricordavo più neanche quale fosse l’azione accostata a quel verbo. Non mi ricordavo neanche di essere leggero come una lacrima, così veloce nel tuffarsi dal viso e così carica di sentimento.
Il sapore salato e caldo arriva sulla punta della mia lingua. Un istante, una folle corsa e arriva nella zona più remota del cervello scuotendomi dalla testa ai piedi, dal lobo frontale alla sinistra del petto.
Ritorno con gli occhi a lei. Il pensiero non si è mai scostato.
Mi avvicino.
La fascio in un abbraccio.
Chiudo gli occhi.
Increspo le labbra.
Nell’orecchio le sospiro quasi in un atto di liberazione e promessa: “ In questo periodo, non ti ho dato né l’amore né le attenzioni che meriti e che avrei voluto.
Sono rinchiuso in un posto che non so. Sappi che qualsiasi cosa mi succeda non ti lascerò mai. Sappi che ti ho amato moltissimo e che questo amore vi è tutt’oggi e sempre.
Sappi che veglierò sempre su di te e che se un domani non dovessero arrivare le mie mani a sorreggerti, potrai tuffarti nel vuoto e atterrare sulla mia anima. Usala poiché quello è l’uso che da oggi le compete.
Sappi che se non tornerò più sarà perchè avrò deciso di restare a vita dentro di te. Se mi dirai che una vita è troppo poco, non preoccuparti, rimarrò fino a quando Dio non mi allontanerà da te. In quel caso e solo in quel caso, mi staccherò da te, per 5 min, il tempo necessario per scendere all’inferno e continuare a bruciarti dentro in eterno.
Niente più lacrime, ma occhi ancora chiusi.
Percepisco ancora: il calore del tramonto e l’aria fresca che mi invade sospinta dal vento.
Rialzo il capo, mi volto e guardo il sole in faccia.
Avverto il pronunciare del mio nome. Mi volto ma non è lei.
Mi sorride e lentamente si avvicina a me con una leggiadria, una calma ed una pace che non appartengono agli uomini ormai da tempo e forse mai appartennero.
Accarezza l’erba avvicinandosi sempre più.
Arriva a circa 20 cm.
Le si dipinge un sorriso sulle labbra, gli occhi radiosi e senza paura. Allunga le braccia e mi stringe. Non ha ancora detto una parola eppure la sento in pace con l’universo ed estremamente convinta di ciò che sarà.
Da sotto il mio petto fanno capolino i suoi occhi.
Mi scruta come una mamma col proprio bambino, amorevole e serena.
Mi si avvicina ad un orecchio muovendosi sinuosa e leggiadra.
Raggiuntolo, inspira e mi sussurra: ” Dae ar lith”.
Non è lei è un sussurro senza voce. Sono parole portate dal vento, versi senza calore, pastori che inseguono un gregge fantasma.
Mi sciolgo dall’abbraccio e la osservo. In una frazione di secondo è ad almeno 5 metri da me.
Le tendo le braccia e apro il palmo della mano.
Lei tende le sue e apre il palmo.
Per quanta forza e quanta insistenza io ci metta non riesco a toccarla, non sono capace di passare le mie dita nelle sottili linee della sua mano, non riesco neanche a sfiorarla.
Lei lo sa.
Mi guarda e sorride. Io non capisco e la guardo. Guardo tutto e ritorno a guardare lei. Urlo e sbraito. Infine capisco.
Le braccia scivolano senza vita lungo i fianchi.
I lineamenti del viso si arrendono e le labbra dipingono un sorriso amaro come la perdizione.
Siamo in due mondi diversi.
Siamo due mondi diversi.
Che adesso e per sempre non si toccheranno mai più.
Siamo…ma sbaglio e infatti  lei mi sorride.
No !!
Non siamo, sono…sono io !!
Io che ho toccato, ora non toccherò più. Io che assaporai, ora vengo bandito e sputato come la cicca di una sigaretta fumata controvoglia. Io che fui uomo, ora ne conserverò per l’eternità le forme e gli istinti, i pregi e i difetti, i sogni e gli incubi. Senza mai poter realizzare i primi e senza mai poter scappare dai secondi.

Una ventata mi porta via.
Lei, il viso rotto da una sola lacrima, assiste impotente quasi pietrificata.
Non è più lei, è una statua rigata dalla pioggia fitta e sottile che accompagna la mia dipartita da quella radura di false speranze oniriche.
E ora, che sono qui, in questo niente senza finestre o paesaggi, ora che non mi resta aria nei polmoni e sentimento nel cuore, bhè ora..io continuo ad essere,  pur non essendo….più.
Non ho aria nei polmoni ma la morte non placa la mia attesa senza fine.
Non ho ragioni che facciano pulsare il mio cuore ma questo non rallenta. Sempre lo stesso maledetto martellio impersonale.
Ora io sono intorno a tutti voi, pur non essendoci. Vi accompagno a letto la sera, e sono il primo a vedervi, alzati la mattina. Conosco tutti i vostri sotterfugi e tutte le vostre virtù. Piango dei vostri delitti e invoco la vostra grandezza.
Voi, qui, ora…sappiate che una volta sono esistito anch’ io. Avevo un nome e tutta una serie di dati che anche conosciuti non avrebbero aiutato a capire chi ero. Sappiate che ho vissuto le vostre esperienze. Mi sono crogiolato nell’amore della mia vita e arrovellato nei grattacapi quotidiani che tanto vi perseguitano. Sono stato uno di voi e per questo pago per sempre, fino a domani, fino al domani che non arriverà mai, anche quando l’ultimo di voi non sarà più nient’altro che un alito di vento tra i boschi su dai mari e verso il sole.


Chi sono io? L’essere umano.


Jacopo Landi

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