Io sono Marlboro


Io sono Marlboro



Solo una sigaretta, meglio, solo una Marlboro. Un neologismo nato da una sigaretta, una cosa dalla quale, per antonomasia, non nasce niente. La Marlboro, questa piccola e slungata amalgama di tabacco e carta. Viene dai più, giustamente, additata come: soldatino della morte, soldatino da guerra fredda, che lentamente ma inesorabilmente ti consuma, ti mangia e ti lascia una mattina davanti ad uno specchio a guardare una faccia nella quale riscontri qualcosa di familiare ma che è ormai, allo stesso tempo, troppo sbiadita per riconoscerti.

Marlboro non è solo quello, la sigaretta in sè non è solo quello. C'è chi la usa perchè non si piace, chi perchè vorrebbe essere più forte e chi invece, proprio, se ne accende una per essere una persona diversa.

La sigaretta è una promessa, non mantenuta, ma tale resta.

Io sono una Marlboro.

Quando dal tabaccaio tu ne compri un pacchetto, tutto inconsciamente, o meno, ti affascina: il pacchetto signorile e dipinto da colori tiepidi ed avvolgenti, la corona sopra la scritta che t'induce a pensare a qualcosa di reale, di proibito e quindi di magnifico. Paradossalmente, la stessa scritta che ti mette in guardia contro i tumori, nel suo bianco e nero, nulla può alla visione di quel pacchetto ordinato nelle forme ma allo stesso selvaggio nel significato. Quando poi lo apri, il pacchetto, e vedi in fila questi 20 soldatini, queste 20 speranze, queste 20 proiezioni di un te stesso migliore; ti si apre il cuore, ne sfili una e la rimiri un secondo ma non troppo perchè ne hai incommensurabilmente voglia, poi la infili tra le labbra e già ti senti diverso, migliore. Quando poi, con movimento plastico sfili l'accendino dalla tasca e lo punti contro l'estremità della sigaretta, il mondo finisce e inizia un altro qualcosa, non si sa cosa, ma qualcosa. Un bagliore flebile ma allo stesso tempo forte, mille scintille rosse come la passione, come la convinzione di star bene e la prima boccata di fumo che ti riempie la bocca e scende, come in una giostra, giù per la trachea fino allo stomaco. Tu sei troppo preso dalla sensazione di piacere e dal gusto ti tabacco che il tuo cervello invia a ripetizione a tutte le estremità del tuo corpo per accorgerti che ancora prima che il fumo arrivi alla bocca, le scintille da rosse sono diventate grigie e con esse la promessa cambia posta: non è più fumami ti aiuto, ma: fumami che prima o poi ti fumo io.

Chi dice che dietro ad ogni uomo c'è una donna, non potrà non essere d’accordo sul fatto che dietro tanti uomini c'è una piccola sigaretta che prima ti ammalia e poi ti tiene per le palle. L'uomo non si ribelle mai ad essa, perchè in fondo è un dolce strangolamento quello da fumo, ma di fatto è e resta una schiavitù.

Io come una sigaretta, mi accendo e accendo le persone in fretta, spesso ammalio e colpisco e tu vorresti vedermi un'altra volta e un'altra ancora. Ma passato lo stupore iniziale ti accorgi che qualcosa non và, che sotto sotto c'è del marcio, che la promessa che hai intravisto è in realtà una condanna: una condanna che cammina, uno spirito con sembianze antropomorfe.
E io vado avanti tra gli uomini, osservandoli e osservando il loro vivere, ogni tanto m'intrometto per indirizzarli o plasmarli, così, a tempo perso. A me non è concesso la stessa possibilità di essere plasmabile e di ambire alla loro grandezza. A me è concesso solo di ammaliarli e condividerne i vizi.

Io non sono più di quanto tu non sia, ma tu non sarai mai sbiadito come lo sono io. Tu avrai sempre la possibilità di migliorare te stesso e di librarti nella magnificenza cui la tua razza aspira per natura. Io sono un'idea, una Marlboro, un bicchiere di wisky, un foglio bianco. Tutte cose inanimate, utili a creare la finzione che io sia, quando non sono.

Sono Marlboro, vieni con me.

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