Let it be





Ero triste quella sera.
Forse disincantato.
Sicuramente crepuscolare nello spirito.
Avevo perso l'ennesima donna della mia stra-fottutissima vita ed i dieci minuti che mi separavano dalla prossima ed i quindici dalla prossima rottura, mi sembravano da un lato, irraggiungibili e dall'altro: un'ineluttabile condanna.
Ero più disincantato che triste. Ma tant'era....
Il bicchiere non s'appannava più come prima.
L'argano dipingeva, singhiozzando. Quasi facesse un favore a me e all'insaziabile mula di turno.
Anche la penna, instancabile amica d'una vita vissuta per finta, si trascinava pesante e rubiconda su di un foglio ormai grigiastro.
Insomma:
Una stanza.
Il mio flaccidume ed io.
Un colibrì ed un trio comico formato da un duo che, per inciso, non faceva neanche ridere.
La gente non si ascoltava più. Non leggeva più.
Quelli che leggevano non capivano mai un cazzo.
La galleria dell'orrore variava dall'idolatria fine a sé stessa, agli strenui oppositori. Anch'essi fini al cazzo loro. Per concludere con quelli che qualsiasi cosa avessi scritto, non avrebbero comunque avuto cazzi di leggerlo.
Non ho mai avuto cazzi di scrivere per gli altri.
Non ho mai avuto cazzi di fare alcun che per nessun altro.
Non è auto commiserazione è così e punto.
Sentivo tutto ma non parlavo più con nessuno.
Le persone erano passate da ratio della mia vita a tristi caricature d'un tempo deprecabile.
Niente più regole piratesche sull'onore.
Niente più risse che sapevano di whisky o scopate in lussureggianti campi notturni che odorassero di selvaggia libertà giovanile.
Che fine avevano fatto la genuina stupidità e l'avventatezza dell’istante ?
M'ero rotto il cazzo di battere le dita sui tasti. Sempre il solito rumore.
Si ricominciava sempre una riga sotto. E quando si arrivava a battere la parola fine il commento era sempre lo stesso:”Che merda ho scritto ?"
Così presi il colibrì e me lo conficcai, con un colpo sordo, nel cuore.
Un singulto. Zero lacrime.
Barattai, con un bracconiere del fato, il mio duo comico in cambio di un'ispanica con una gamba sola.
La presi tra le braccia e la baciai per un pò ma evitai accuratamente parole di sorta.
Era bella. Bella...aveva dei begl’occhi. Dei bei tratti.
Non parlavo ed avevo un colibrì nel cuore.
Lei capì.
No.
Non è vero.
Nessuno capisce.
Mai.
Nè sé stesso nè tanto meno gli altri.
Se non altro sapeva cosa fare.
S'acquattò.
Lasciai che "Let it be" si propagasse nella stanza.
Spensi la luce, il cervello e tutto il resto.
Me ne restai così: in una stanza al buio, con un colibrì conficcato nel cuore, a lasciar battere, a caso, le dita su tasti sconosciuti.
Immagini delle città del mondo scorrevano innanzi ai miei occhi assopiti.
Madre Mary strillava in buon canto:"Let it be".
L'ispanica non lo so, cosa dicesse, faceva cantare l'argano lei...
Ad ognuno il suo...

Fine
JL

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