La città del veleno d'amore



Randagio solco le vie d’una città che m'ha già dimenticato.
La vita, che sale su da questa, non conosce più il mio nome.
M'aggiro, non visto, per arterie che snobbano la sinistra del petto.
Non dimentico, io non posso, il mio fantasma.
Quel sottile tratteggio. Quelle curve gentili. Quei sorrisi ricchi di tutto ciò che rende un uomo tale.
Carezze che rimettevano al mondo, accantonando la lavagna dei peccati.
La prima persona declinata al plurale.
E poi, di conseguenza, il dolore. La solitudine. Il veleno. I coltelli conficcati nel petto.
Un lungo corridoio concentrico.
Il capire. La ragione. L’accettazione. E il contrario di questi. E tutto il resto. E di nuovo, da capo.
Reietto spaesato in un Paese che bandisce coloro che amano.
In circolo nella città, essa mi sospinge oltre ma mai avanti.
Velenoso e confinato, uomo bandito, con una penna che urla solo ai sordi.
Il sole lo sa ma brilla e cala per poi risorgere come se niente fosse.
Il resto è omertà che parla un po’di tutti, cambiando colpevole a seconda del punto di vista.


Fine
JL

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