Dio è rimasto chiuso fuori dall’Eden senza chiavi
La prima regola della sregolatezza è: non rimanerci sotto.
Non rimanere sotto a niente. Mai. Tranne che a lei, mentre
ti cavalca. All'amore mentre ti uccide. Alla morte mentre ti ama. E alla
bottiglia mentre ti beve.
Mai rimanerci sotto. Mai rimanere troppo o a lungo o troppo
a lungo.
Questo non vuol dire non metterci tutto se stessi. Non vuol
dire non amare. Non avere coraggio. Non sanguinare. Vuol dire quello che c’è
scritto: non rimanere troppo a lungo e non rimanerci sotto.
Scrivere è l’arte più randagia di tutte e anche l’unica completamente
onesta. Ovviamente ci sono degli impostori, sono quelli che sorridono in
copertina. I nostri volti non sorridono, non sono corretti e non sorreggono divinità,
neanche bambine. Intendiamoci, nulla contro di lui, loro, e tutta la famiglia
ma sono un po’ come un genitore che ti abbandona ripetendoti che lo fa per il
tuo bene.
Più scrivo e più sento che mi sto allontanando dallo scopo
per cui ho iniziato a farlo un minuto e mezzo fa. Questo è seccante
considerando che quando lo faccio, un brivido si trova a metà strada tra il
cuore e il cervello e giuro, non saprei dire da quale dei due sia partito. Poi
scende e mi percuote lo sterno, la pancia, mi gonfia l’uccello di quanto basta
a ricordarmi che ci sono due cazzoni nella stanza. Finisce poi per arrivare
fino al viale dello scroto e lì esplode, impazzendo e propagandosi come il
batacchio di una sveglia conscia che sia il suo momento.
Siamo a un concerto rock e ne avvertiamo l’adrenalina,
l’eccitazione di fondo e l’incredibile potenziale inespresso ma non distinguiamo
i suoni dei singoli strumenti, le essenze e questo è imperdonabile. Vediamo
grossi seni ballonzolare e non vediamo l’ora di poterci infilare la faccia in
mezzo. Vogliamo spingere le dita nella presa della corrente così da accendere
una situazione che si commuova tra urli, imprecazioni e il pensiero che c’è già
la voglia di una seconda volta.
C’è di più nella vita ? Più di mettersi alla prova non
facendolo ? Più che logorarsi con un sorriso come maschera ?
Siamo emeriti cazzoni e passiamo la maggior parte del nostro
tempo eccitati e sull’attenti. Il problema è che la maggior parte di noi porta le
mutande. Alcuni anche il passa montagna.
La genialità di Dio sta nel farci credere di averci cacciato
dall’Eden, secondo me la situazione è vagamente diversa. Lui è rimasto chiuso
fuori casa senza chiavi. Noi no. Ok non è un posto perfetto ma a parte i
profeti e quel prete vostro amico chi hai mai preteso la perfezione ?
Siamo pieni di mele e splendide vagine che camminano appena celate
da sederi che ammiccano prima a destra e poi a sinistra.
E’ sconveniente sentirsi come un predatore dinnanzi a
splendide pozze d’acqua con la siccità che ci guarda senza poterci toccare?
Non ci sono oggettive oggettività. Un alcolizzato non è
peggio di un sobrio e mangiare le verdure non è meglio di farsi di eroina.
Votare comunista, quello sì che è peggio, infatti non scopano e mangiano i
bambini.
L’importante è non rimanerci sotto. L’importante è farsi un
po’ di tutto così da tenere la percentuale al guinzaglio e una volta fottuti
regalare ai parenti una faccia di credibile (finto) stupore.
L’importante è sapere che sempre, costantemente, si sta
parlando di noi, del nostro viaggio.
Ciò che scegliamo ci porta in un modo o nell’altro a
confrontarci, vivere, fare esperienze, scioglierci, logorarci, incularci con
una sorridente paletta sabbiosa.
Finiamo con la pelle più tirata del culo di un macaco,
niente lifting per noi però, al massimo un paio di strisce.
La scrittura è per i poveri e gli affamati. Vale poco e
conta ancora meno e ovviamente lo sto dicendo perché è tutta la mia vita. Ricordo
di una che stava rompendo con me quando la interruppi per scrivere qualcosa,
ora non saprei dire cosa. Poi le ho lasciato il cuore. Sono morto solo dopo,
prima dovevo venire al mondo.
Ha una sola grande dote, la scrittura, è onesta e
restituisce ritratti spaccati di spaccati. Allora spacchiamo, noi stessi, il
nostro tempo, la nostra vicina. Non voglio andare da mio figlio e dirgli “Ben
fatto figliolo”, voglio andare da mio figlio e dirgli “Sei un bravo ragazzo, sei
divertente e questo importante, salva più principesse che puoi ma non
dimenticarti delle locandiere”.
Io voglio essere la cortigiana. La troia di Elena. La testa
di cerbero che si leccava le parti intime. Voglio farmi fare un pompino da una
suora per poi poterle dire: “Grazie sorella”, sentendolo davvero, magari
entrambi in ginocchio. Voglio amore e pace. Vorrei bandire la trasgressione in
favore della possibilità. Voglio vomitare su un quadro di Picasso con un
insegnate d’arte che mi ringrazia perché ha finalmente capito dove cazzo sia
l’altro occhio. Voglio spacciare incenso e tentare la fortuna grattando il neo
di un’indiana. Voglio stare solo, la solitudine più totale, nel pieno, fottuto,
centro del mondo. Non voglio invecchiare ma se devo farlo voglio diventare un
vecchio burbero che regala decioni a una ragazzina di 17 anni e 364 giorni.
Voglio che mi pratichino una fellatio chiamandola piadina. Voglio fare tutto
ciò che non ha un senso, conscio, che anche se io non lo so, possiede uno stile
tutto suo. Lo stile è tutto. Soprattutto nella merda. E tutto ciò di cui sto
parlando è classificabile in tanti modi ma non come merda.
Voglio fare e disfare. Voglio avere tre persone a cui
tenere. Voglio perdere, male e tutto. Voglio uscire maciullato da questo posto
qua, fatto come una iena e ubriaco come un monaco quando libereranno il Tibet.
Il giorno del giudizio voglio trovarmi dinnanzi all’Altissimo,
un medico e il preside della scuola. E alla fine del loro sermone sorridere e
dire: “Francamente, me ne infischio”.
Voglio invecchiare scoprendo l’importanza della normalità.
Dell’ipocrisia, della calma, della saggezza. Del rimangiarmi tutto quello che
ho detto e fatto. Oppure no, però voglio.
Poi mi sveglierò. Tutto liquido dentro i miei occhi incandescenti.
La bacerò per dirle:”Buona notte Karen”.
Fine
JL
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