Dodici pezzi facili





Una volta ho provato a scrivere da sobrio, completamente sobrio, intendo. E’ andata, bene ma non benissimo.
Mi siedo, il mio cervello dà un colpo di tosse e mi ricorda “sei sobrio”.
Preparo il foglio, il mio cervello dà un altro colpo di tosse e mi dice “Ehi amico non vorrei essere insistente ma sei sobrio”.
Prendo la penna, il mio cervello ormai incazzato mi urla “stronzo sei sobrio”.
Provo a scrivere un paio di righe. C’è forma, c’è contenuto. Non c’è ritmo. Le cancello e vado in cucina. Solo vino.
Esco di casa e chiedo prima a un passante e poi all’altro se hanno degli spiccioli, per la precisione dodici euro in spiccioli di moneta sonante. Nessuno pare avere dodici euro in spiccioli di moneta sonante.
Vado in chiesa e chiedo al padre quando si sarebbe tenuta la prossima messa e se, nel caso, avesse qualcosa di più forte del vino, che i miei peccati sono resistenti, e se in ultima istanza avessi potuto bere anche io. Mi scomunica.
Torno a casa, prendo il vino. E’ carino ma fa schifo. Mi appare in sogno Syd Barret ma non so chi diavolo sia, nè perchè conosca il mio nome. Mi offre dell’eroina e mi dice che possiamo essere tutti eroi per un giorno. Forse non si chiama Syd.
Prendo l’eroina e la porto al banco dei pegni. Mi tirano un pugno e chiamano la polizia. La polizia dice che deve fare pulizia e mi porta via.
Sono in cella e aspetto il mio turno per non so ancora cosa mentre so che sono ancora sobrio. Mi offrono una telefonata, poi chiedono di giocare con il mio antro anale. Poi non lo chiedono più ma restano nei paraggi. Rifiuto, faccio una scazzottata.
Perdo la telefonata, poco male tanto non avrei saputo chi chiamare per avere dodici euro in spiccioli di moneta.
Il giudice mi dice che è sbagliato scambiare eroina con dodici pezzi facili. Gli chiedo se sia convinto che sia effettivamente sbagliato o se invece è solo una pratica guascona nonché eccentrica. Apprezza il mio apporto concettuale al dibattimento ma mi condanna a dodici mesi di galera in prigione dentro una cella con le sbarre.
Attualmente mi trovo in galera e scrivo con un cucchiaino da budino s’un muro che è appiccicaticcio in maniera sospetta.
Lavoro in biblioteca mettendo a posto i libri e ogni mese guadagno dodici centesimi. Temo che dovrò farmi allungare la pena per uscire da qui con dodici euro in spiccioli di moneta.
E alla fine ne valeva la pena ?
I passanti sono passati.
Il padre ha bevuto e ha perdonato tutti. Poi è diventato nonno e non l’hanno perdonato gli altri.
Il giudice mi ha giudicato, poi è passato in giudicato ed è stato giudicato a sua volta.
Ho fatto la mia telefonata ma era occupato.
Il mio antro anale è ancora illibato seppur strozzato dalla solitudine.
L’ultimo libro che ho letto, a letto, pesava un etto e alla fine non mi è rimasto niente, come non detto.
Dodici pezzi facili...anche se non erano quelli che mi aspettavo.
Scrivere da sobrio è male. Vivere da sobrio inutile.

Fine
JL

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