Non poteva finire diversamente



C’è chi costruisce gli aerei.
Chi le navi.
Altri le automobili.
E…i più svogliati, ma artistici, le motociclette.
Io non costruisco. Di certo non vendo e a stento campo.
Si potrebbe azzardare che io produca, più facilmente che perda tempo, dilapidando un talento che non possiedo.
Non ho un mestiere ma un ‘essenza. Per lo meno così avverto.
Non traffico con chiglie o linee o marmitte. Mi è stato concesso un bisturi. La penna.
La intingo in un calamaio nel quale, prodigo, ho versato il mio sangue, la mia carne e ciò che di questa vita amo.
Mescolo finchè il tutto non divenga un torbido, paradossalmente cristallino e irrequieto guazzabuglio emozionale.
Un colore vivido con cui contornare i confini di questa realtà di plastica e cartone.
Scrivo di gente che ho intravisto un giorno ma che non si incontra per strada.
Narro di luoghi che vivono in odori e colori fanciulleschi.
Racconto di incontri in bacini che gemono un nome sottile, in una notte esistita per caso.
Confesso bicchieri commossi. Baristi spenti. Alcolismi accennati e in seguito ricalcati.
Non ho a che fare con chiglie o legni o ferri.
Mi capita un blocco e lo intaglio al meglio che posso.
A volte, semplicemente, compare così, dinnanzi a me, umile servo un po’ bevuto, d’un po’ tutto.
La butto giù.
Un ‘esperienza al limite e poi tutto torna come prima. Così dicono..
Mi butto giù anch’io.
Adesso capite che non poteva finire diversamente.

Fine
JL

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