Una giostra



Sono su di una giostra.
Un ruota. Circolare. Concentrica. Viziosa
Una musichetta, allegra ma ripetitiva, accompagna i miei giri in serie.
Due figure mi sorridono.
Gira la ruota. Ed io più di lei. Ansioso, chissà di cosa.
Non corre la giostra. Non ancora, mi pare.
Scalpito.
Come se la prossima curva aprisse alla magia mostrando un rettilineo. Un quadrato. Un triangolo.
Sono su di una giostra.
Un ruota.
La musichetta è meno allegra ma in compenso ne avverto alcune parole.
Le figure di prima, ora, un po’ sorridono. Un po’ scompaiono. Sempre ritornano.
Altre ombre fanno capolino o restano impercettibili. Così, a seconda della luce.
La ruota comincia a correre.
Un turbine di colori ed odori. Una sensazione, non di nuovo, bensì: di prima volta.
La giostra corre ed io, un poco, comincio a dissociarmene.
Dietro a quella curva c’era, effettivamente, soltanto quell’altro gomito del giro prima e di quello prima ancora.
Così la giostra procede, afona al mio richiamo, nel suo incedere.
Così io, che recalcitrante tento di rallentare, poco o nulla posso. Nulla.
Sono su di una giostra.
Una ruota.
I colori scardinano le cornici.
Gli odori attirano, costantemente, il mio naso.
Tirato per la giacchetta dalla destra e dalla sinistra. Un po’ alla casaccia. In realtà con estrema ratio.
Continuo a vedere le due figure che m’accompagnano sin dal primo giro.
Mi paiono più armoniose. Meno alte di quel che rimembravo. Meno definite nei neri confini. Più pulsanti. Forse simili. Sicuramente familiari.
Ai bordi della giostra un’altra figura è accompagnata da altre due o forse tre. Chiamano il mio nome e tendono: braccia, mani e tutte cose.
Piango. Non per scelta. Semplicemente: lacrime rigano il mio viso.
La giostra ha accelerato. Forse. Forse no.
Forse il meglio non doveva ancora venire.
Forse l’amore, in fin dei conti, bastava.
Sono su di una giostra.
Una ruota.
La musichetta ormai si trascina, stanca. Le parole non sono che stanchi comizi su promesse infrante. I colori scivolano via in una goccia di pioggia e gli odori sono coperti dall’oblio di un bianco opaco e vaporoso.
Le figure di prima non ci sono più. Non tendono le mani. Non sorridono o compiono azioni di sorta. Sono nel mio petto. Più verso sinistra ma fondamentalmente nel centro.
Di fianco a me, sempre, quell’altra figura.
Ora è lei ad essere un po’ meno definita ed un po’ più grigia, aggraziata e sorridente.
Più ricurva, quasi custodisse un sapere.
Le figure che prima mi tendevano le mani ora girano sulla loro, propria, giostra.
Ci sono baci ed abbracci.
Furiosi litigi e fulgide quieti.
Saltuariamente c’è tutto. Per sempre ci saranno loro.
Sono su di una giostra.
E’ una ruota.
La ruota non gira più.
Niente più musica, parole o vorticose lucette illuminate.
Quanto avrei voluto che quella giostra avesse corso meno. Un po’ meno. Meno veloce. Meno oscura. Meno incomprensibile.
Quanto avrei voluto correre un po’ meno io. Aver saputo frenare un po’ meglio.
Resta un giostra.
Un ruota.
Resta un uomo errante che ha perso tutto per trovare…qualcosa ?

Fine
JL

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