Quella volta che mio padre soppravvisse al Titano Pirito

                                                      Mi chiamo Tairone e non lo ripeterò più.
Sono un cacciatore di draghi, vengo dal Turkmenistan, ma ho origini occidentali. Appartengo al segreto ordine dei “Bufali caucasici”, scopo del quale, è quello di liberare il mondo dalla minaccia alata e sputa fuoco. I miei genitori si chiamano Stiliche e Ramona. Mio padre è di origine tedesca, ha un occhio solo e ha perso un orecchio, oltre che un rene, tre quarti del polmone sinistro, il testicolo destro ed il piede sinistro. Mia madre è nomade, una principessa, la famosa principessa degli elefanti. Io sono il frutto di un incontro strano, inspiegabile ed irripetibile. Mio padre, sovente, usava andare a caccia di Titani nel Mar Morto. Purtroppo quel giorno il Titano dei venti, Pirito, era particolarmente arrabbiato. Logicamente il fatto che mio padre e la sua allegra combriccola di dementi gli stessero sparando nel culo, non lo aiutò a calmarsi. Il Titano si girò, infilò i pollici nel proprio ano. Riuscì ad allargare quel buco di culo come neanche in una gang bang di negri del Bronx. La sola puzza che veniva da quella caverna di morte sarebbe bastata ad uccidere il concetto stesso di vita. Lui non si accontentò e sputò fuori, dal suo buco nero, l’agglomerato di dieci trombe d’aria. Queste spazzarono e distrussero tutto ciò che trovarono sul loro cammino. Passata la sventura, se guardavi una carta geografica sembrava che i continenti avessero giocato a Twist. Comunque, miracolosamente, mi padre riuscì a tuffarsi sott’acqua. Lì, attirò a sé con l’inganno una murena e dopo averle promesso il mondo riuscì a ficcarle due lingue, così da riuscire a respirare, aspettando là fuori, il tutto, finisse. Ombretta, si chiamava quella Murena, salvò la vita a mio padre,  non la dimenticherò mai. Un giorno la invitammo anche a cena, ma lei ebbe un collasso e morì prima di arrivare a casa nostra. La babbea aveva talmente voglia del cazzo di mio padre che si era dimenticata che fuori dall’acqua non respirava. Vabbè…non divaghiamo. Siamo arrivati al punto nel quale mio padre si limona la murena e sopravvive. Uscito dall’acqua, svariati giorni dopo, si trovò comunque, sempre in un fottutissimo deserto. Camminò e camminò. E camminò e camminò. E ricamminò e ricamminò, camminando e camminando ancora. Ad un certo momento, logicamente, a forza di bere il suo piscio e mangiare Toporagni, le forze lo abbandonarono e lui svenne sicuro che l’agonia sarebbe durata molto poco e che nel giro di qualche ora, un orco del deserto se lo sarebbe pappato, ed in seguito, cacato. Ci credo babbeo a forza di nutrirti di piscia e toporagni…non è esattamente la colazione dei campioni. Proseguiamo. In quel momento, esattamente nel posto dove mio padre era svenuto, si trovava a passare il banco di nomadi di cui mia madre Ramona era principessa. Si chiamavano “Santa Cruz ansamble”. Mio padre che nel frattempo continuava a giacere a terra svenuto, sentì in lontananza i tipici rumori molesti che solo gli elefanti e i datteri potevano emettere. Uno di questi elefanti, Patrick, che era il più giovane degli elefanti al servizio dei nomadi, era in preda ad un attacco di diarrea a causa dell’ultimo pasto poco affidabile. Il Cretino si era mangiato una pantegana egizia dai facili costumi. Mio padre ancora oggi ringrazia quel cretino, tenero ed incostante elefante spagnolo di avergli defecato addosso. La puzza di carogna che quella bestia gli vomitò addosso lo fece riprendere per il tempo necessario ad urlare affinchè qualcuno lo aiutasse. Mia madre vide un uomo mutilato e cagato nella carne. Vide anche però, un fascinoso e stoico sopravvissuto e se ne innamorò immediatamente. Dopo un mesetto, mio padre si riprese, certo, aveva perso il 30% del suo corpo, non poteva più mangiare carne e non beveva nient’altro che non fosse il proprio piscio leggermente frizzante, ma era salvo. Il fidanzamento durò poco, 20 min. I 20 min più lunghi della loro vita, mi raccontarono. Un’attesa interminabile, mi dissero. Si sposarono immediatamente e subito dopo scapparono per crearsi un futuro. Futuro che fu creato a Poggibonsi, ridente paesino nella provincia della “Faldella”. La Faldella è una regione tra Chicago, Milano, Pechino e Cabot Cove. Infatti mi chiedo ancora oggi che centri io con il Turkmenistan, ma tant’è.
Questa era la mia famiglia. Io ero nato, dicevo, 4 anni dopo il loro matrimonio ( i dementi ci avevano voluto dare dentro come scimmie, conigli e ricci…sapete il detto no? ).
Mi chiamarono Tairone per via di una nonna: una trans portoghese che disegnava cartine geografiche per un peschereccio di nani della Siberia.
Questo è la storia del mio inizio. Questa è la storia dell'inizio della mia famiglia. Questa è la storia di quella volta che mio padre soppravvisse ad un Titano di nome Pirito.

Fine 
J "B" L

Commenti

Post più popolari