Il mio punto G
Regina capricciosa e bellissima.
Con una coltellata mi consegna un invito di divertito piacere.
Mi rivolge la schiena. Sdegnosa e incuriosita.
La schiena, viale di lussurioso piacere retrò.
Scendo dal collo assaggiandola in baci che comando tramite
le labbra.
Boccate che si aprono e si chiudono. Incidono impronte, di
denti affilati, nella carne.
La passione di un attimo, in un istante.
La saliva lava via la pena di fatti declinabili al passato e
al futuro.
Un impeto di indomito piacere. Si gira e mi cinge il collo.
Due mani. Non la domerò mai.
Maestosa creatura. Irradia luce, mettendo in fuga il buio che
arrossisce nel dover coprire le nostre preghiere carnali.
Le sue mani mi possiedono e le unghie reclamano tutto. Il
sangue innanzi tutto. Rosso, zampillante e..fottutamene dannato.
La abbraccio. La stringo. Più forte e più forte ancora. Tremano
i due seni costretti in un verso e poi nel suo contrario.
La fisso negli occhi. Quei due destini verde acqua. Vuoti,
oramai, di questa realtà e in preda alla rapsodia del piacere.
Un dito, assettato pellegrino, s’abbevera nella sua oasi
mentre i complici assistono, increduli testimoni, a un miracolo chiamato
orgasmo.
Inarca. Sé stessa. La propria anima. La concezione che ha di
sé. Flette.
La carne è una conseguenza. Una estasiante conseguenza.
Morbida e formosa all’interno della cornice della misura.
Quei seni imperiosi, stretti nei miei palmi, come lo è la
mano del santo nella presa del bisognoso, mi rendono cieco e pazzo. Ne assaggio
a turno uno e l’altro e a turno desidero quello che mi sfugge. Fedifrago il
tempo che mi si sottrae, impedendomi di poterla baciare tutta.
Il mio cervello è una comunità di recupero. Endorfina e
crisi d’astinenza s’alternano. Gioie doloranti e un piacere così acuito da dilaniarmi
il petto.
Il mio bacino s’incastra nel suo. Epilettico esiliato sulla
via di casa.
Le sue labbra ritmano vocali che scindono la forma del verbo
eppure mi parlano del Tutto.
Si inarca, ancora. Si butta su di me. Prostrata, non
servile. Concessione all’attimo che acceca l’occhio e la sensibilità di questo
mondo.
Il corpo in preda agli spasmi di una droga che non si
commercializza ma che questo tempo mercifica.
Andiamo avanti. Ancora e ancora.
Se ne viene lei. La bacio io e le nostre lingue si scambiano
una promessa.
Maestosa principessa. Viso d’alta epoca. Anima di
porcellana. Dannata e angelica. Capricciosa. Consenziente schiava del piacere.
Solo Lei.
Le dico di leggere queste righe.
Alla vista, tuttavia, gliene offro meno della metà.
Mi chiede ragioni, con aria interrogativa.
Le rispondo: ‘Ti sei bagnata ?’
Mi dice: ‘Controlla…’
Le sorrido: ‘Non ne ho bisogno’.
Fine
JL
Dedicato a Ginevra LM.
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