Era bionda, lei


Era bionda, lei.
Non un suono o un colore.
Una sfaccettatura. Una serie, quella sì…credo.
Viso d’umana perfezione. Asimmetricamente geometrico. 
Incorniciato in boccolose cascate che caracollavano nell’accarezzare le rotonde spalle.
Sottile e fragile, il nobile collo.
Conduceva dal magnetico e riflettente sguardo alle scapole lineari ed affusolate. 
Il tutto dopo aver perso senno, lucidità e tutte cose, su di quella bocca carnosa e vestita di rosso che invitava a pensieri d’infuocata passione terrena.
Le braccia a cader giù, non vinte, bensì composte ed in attesa di degne occupazioni.
Piatto, il ventre sul quale si posavano seni pieni e candidi con alla cima due capezzoli vagamente intirizziti.
Scendere a scendere, la visione di quel grembo placido, all’apparenza immutabile, eppure così attraente e pulsante nella calma tagliente di quella stanza, di quel momento e -probabilmente-  di quel mondo.
Le gambe che correvano giù, al suolo, quasi non volessero fermarsi mai. E quei piedi che facevano capolino da sotto, mai domi ma umili e sottili e leggiadri.
Mi guarda, ella. Ed io la guardo, di rimando.
Le mani mie si separano nel proseguo del cammino.
La destra a fasciar il viso della creatura con l’attenzione che si deve ad ogni singolo dettaglio.
Dalle orecchie, alla guancia…a tutto il resto.
La sinistra solleva la gonna, accarezza il ventre ma è attratta dal calore di quell’anima.
Crisi d’astinenza d’amor fisico o passione, come si preferisca, cui tutti sono soggetti.
Drogati e ben pensanti, e tutti l’altri che s’accusano fra loro stessi.
Lo sguardo d’ella m’inghiotte. Faccio in modo di non chiudere mai l’occhi miei.
Che ci sia sempre un’immagine di rimando mentre precipito nell’oblio di codesto, doloroso, piacere.
L’avvicino a me. Le premo, dito dopo l’altro, la presa dietro la nuca assecondandola verso la mia. 
Più impaziente di quanto la mia storiucola di rimanda piaceri vorrebbe.
Con le labbra premo, ed al contempo, sugello una promessa. Da questa singola ne partono mille altre, di promesse. Nella lingua più celestiale, quella dei santi, che si fregia di baci in virtù di vacue parole.
Le promesse diventano preghiere ed esclamazioni e calori forgianti. Perdiamo il senno, l’equilibrio ed i vestiti; mai la volontà di non tornare indietro. 
Che di quello che portò al nostro varcar i confini di questo mondo già si disse. Che di cosa si provi, nessuno può narrarne agli altri. Che di ciò che succederà poi, se ne affronterà per l’appunto, poi.
Era bionda, lei. Non un colore o un odore. 
Era. E’. Sarà ? Tanto basta…
Affronto i miei demoni uno alla volta o tutti insieme. 
Affronto i miei demoni finché ancora son io, finché ancora li chiamo per nome.
Affronto i miei demoni con un bacio. 
Primo demone, fra tutti, di me stesso. Del mio pensiero e della mia carne.
E tanto basta. 
Ad ognuno il proprio.
 
Fine 

JL

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