P: come pugni potenti che pungono come pungiglioni ubriachi


Periodo di noia quello. Periodo di nervoso. La penna pagava la discontinuità dei pensieri. Il resto pagava il mio essere quello che ero.
Quella sera…Una delle tante. Non esiste La sera o Il momento. Esiste il tempo e la capacità mista alla voglia di riempirlo e colorarlo in un certo modo.
Quella sera io avevo un paio di bottiglie di whisky, ed altrettante di coca. Stavo per afferrare il cellulare e sfogliata la rubrica, chiamare una concubina.
Stavo…
Maledetto trogolo, piccolo stronzo. Il solito Ema. Quel fottutissimo uomo aveva la capacità di insinuarsi in casa mia come neanche le mule. Mi ero completamente dimenticato che aveva minacciato di mettere le tende da me quella sera…Fan culo.
Ripongo così, mesto, il cellulare e resto in attesa del cetriolone. Doppio errore. Quella sera sarebbe arrivato anche il figlio illegittimo degli israeliani: Dillo.
Volevo piangere. Non capirete mai, cosa significhi per me, passare da un quadro di alcol, volgarità e leccate allo scroto, all’avere in casa Gianni e Pinotto con tutti i loro guazzabugli al seguito. Ma che ci volete fare, amavo quei due amarissimi fricchettoni.
Sorprendentemente quella sera furono anche puntuali. Prima arrivò Ema, in arte: Rashid. Uomo strano quello…Sul metro e settanta, capelli rasati ma una volta riccioluti come il diavolo, ciglia folte come vagine anni 70’ e sorriso come il miglior Marley. Aveva anche un super potere: quell’uomo mangiava solamente orsi gommosi, bevendo solamente the. Posso dire con certezza che non ho mai visto un uomo nutrirsi così male ed essere, allo stesso tempo, così magro…e parlo di uomini.
Detto ciò, arrivò Rashid e qualche momento dopo fummo raggiunti da Di Leo in arte: Il Tigre.
Di leo, un uomo di un metro e 40 con l’intelligenza di un premio nobel, il sex appeal di uno spremiagrumi, ma la cerbottana di un aborigeno. Uomo solido il Di Leo. Uno di quegli uomini a cui si addice la frase gay: “Di buon cuore”.
Ma tant’è. Il tempo passava, l’alcol scendeva giù placido per le nostre trachee.
Ema aveva afferrato una rivista di cinema.
L’inizio della fine.
Ogni pagina, ogni fottutissima pagina, s’irrigidiva ed esclamava: “Ah ecco, ecco, questo voglio andare a vederlo, è fighissimo c’è la protagonista di quella pubblicità per l’emorroidi che passò su TeleNorba nel 65’ “.
Vai a fargli capire che ciò di cui parlava non era un film ma l’abbonamento stesso alla rivista. Sfogliate tutte quante le maledette 349 pagine della rivista, fu il tempo delle rimembranze.
Momento che si svolgeva pressappoco così. Ema si sedeva per terra con le gambe sotto il culo, in piena posizione Moana. In seguito ti fissava e poi con un mezzo ghigno che solo lui poteva, esclamava: “ Ahahah…Ma tu non sai cos’è successo oggi ? “.
Io non rispondevo, Di Leo neanche ma il pensiero era comune: “ E certo minchione che non lo sappiamo, se no eravamo insieme al Mago Gabriel a guarire coscienze e predire il futuro”.
Comunque, lo guardavamo amorevoli in attesa di sapere cosa fosse successo di così sconvolgente, ma sapendo bene in cuor nostro, che sarebbe stata un vaccata.
Lui attendeva ancora un attimo, per far crescere una tensione che non c’era, poi esplodeva: “ Ho comprato il nuovo cd di Max, Max Pezzali”. Io non ce la feci più e lo stroncai rispondendo: “No ma grazie Sherlock di aver precisato che è Pezzali, pensavo fosse, Max Sti Cazzi”. Di Leo, uomo di buon cuore, invece lo assecondava porgendogli domande inutile del tipo: “ Com’è ? Ti piace ? “ Avrei voluto rispondergli io: “ No è una merda, l’ho comprato per beneficenza”.
Che due babbucce, ma li amavo. Ema poi stranamente si placò. Dopo la rivelazione del 29 esimo mistero di Fatima, non ho più suoi ricordi legati a quella sera. Mi ricordo invece, che il whisky finì paurosamente in fretta ed un secondo dopo io e Di Leo stavamo dando lezioni di lotta greco romana all’armadio. Sembravamo la tipa di Media shopping che pubblicizza gli attrezzi da palestra.  Poi l’idea geniale. Ubriachi come solo due pinoli, decidemmo di improvvisare un incontro. Lui aveva i guantoni, io il caschetto. L’incontro durò 25 secondi perché io poi aprì il labbro di Di Leo. Incredibile, assomigliava moltissimo a Joana la fantastica puttana che lavorava sotto casa mia. Io ridevo, e ogni tanto chiedevo come stesse il labbro.
Fu quello il momento in cui delirai. Presi Di Leo come neanche nel Fight Club e gli dissi: Colpiscimi, colpiscimi, aprimi il labbro”.
Lui fu un grande e non si tirò indietro. Un secondo dopo capì che era anche un grandissimo stronzo. Io con un pugno gli avevo fatto squirtare il labbro, lui ne impiegò 5. Poi però notai il risultato, il mio labbro era modello canotto Lampedusa. E alla fine, quindi…chi era lo stronzo più grande ?
Poi per par condicio, chiamai…-chiamai, che parolone, blaterai urlando nel vento il nome di Ema-. Dissi anche a lui di colpirmi e lui, diligente, colpì. Non dimenticherò mai la sua faccia quando dopo avermi tirato la tranvata più forte della sua vita, mi vide girarmi e versarmi da bere. Il resto non me lo ricordo. Abbiamo bevuto, avremo sproloquiato ancora e poi i due cingalesi se ne saranno andati a casa.
Che gran serata di sport futuristico.

Fine.

Ps: La storia: “due amici vengono a casa mia. Beviamo, scherziamo e ci picchiamo.” Fine.
Tempo della storia 5 secondi.
Adesso vi rifaccio la domanda: Chi è lo stronzo più grande ?


Fine ( quella vera )
JL



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