La società del piacere
La società del piacere.
Siamo noi. Incontrovertibilmente.
Spasmodici ricercatori del piacere che sconquassa.
Una società di singoli individui.
In competizione.
In contrasto.
In rincorsa, come i salmoni.
L'orso che è la nostra fine, e anche in quella ringhiamo
solitudine.
La nostra unità è calpestare le spalle del fratello per un
agognato centimetro.
Affiancati per necessità solo entro i confini d'un letto
sfasciato.
Costretti all'unione fino alla cascata finale.
Comunione carnale in sostanza. Vis-à-vis o per mezzo d’uno
schermo manesco.
Piacere, piacere, piacere. La preghiera che diventa
bestemmia a nastro.
Disparati, opachi e soggettivi i motivi d’una ricerca che ha
l’arrivo nel devasto da piacere.
Prima levigati, poi sciolti. Dipendenti.
Un piacere che non sappiamo creare e che ci limitiamo ad
estrarre dalla sofferenza e dal dolore.
Guerre, privazioni, dolori. Stesso brodo già visto ma che
pure ancora non stanca.
Siamo la società del piacere ma non riusciamo a piacerci e a
farci piacere niente e nessuno.
Siamo rose senza storia. Costruiti al silicone. Anime di
plexiglass in dotazione.
Simuliamo, quello sì, piuttosto bene, è il nostro potere.
I nostri artisti succhiano l'arte, che poi spacciano, da
alcol e droga.
Il resto sono contrappassi e già detti, già visti, già
sentiti.
Allora forse è spiegata la nostra lussuriosa natura.
Un modo come un altro per giungere alla fine della galleria delle
mancanze che è la vita.
Fine
JL
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