Un credo vale più di un’idea
E alla fine ti ritrovi qui a dover ammettere, un po', solo
un po', costretto, che non ci sono verità oggettive tolte quelle imposte dalla
natura. Due sole e semplici verità, fondamentalmente:
1) si muore
2) il più furbo vince.
Stop. Punto. Caput.
Un coro di lagnosi si sdilinquisce nel ricordare che la
sacralità della vita sia un’altra ineluttabile verità anche se credo che
Israeliani e Palestinesi avrebbero da ridire, presi come sono a giocarsi a
dadi, lanciati nel cranio sverso di quel bambino che è la purezza violentata, cantine,
religione e un pugno di pecore .
Così se da questa tragedia ancora tutta da accettare c'è
qualcosa da imparare e badate bene, c'è sempre qualcosa da imparare, (questa è
un’ineluttabile verità), bisogna accettare che la storia è un'intelaiatura di
soggettività, di verità soggettive, più o meno storte rispetto agli utopici
ideali allo schiaffo dei quali abbiamo voluto nascere, crescere ed esistere.
L'io soggettivo cozza infatti con ognuno di essi e la
religione, che una volta svolgeva funzione sociale, ormai è stata ridotta a
mera propaganda politica. Ma un'altra verità ineluttabile è che l'uomo, così
come ogni essere vivente, ma più di tutti gli altri, tende alla sopravvivenza,
all'auto conservazione, accettando o sopportando l'insopportabile e andando
avanti. Tirando avanti.
Sia come sia, nel tempo che ti è concesso quaggiù, perchè di
questo si tratta, non cercare di oggettivare te stesso alla realtà o di portare
la vita all'oggettività della tua visione. Prova piuttosto a lasciare il tuo
segno, a dare la tua definizione, il tuo credo in ragione di un’idea
scioccamente e prematuramente ritenuta marmorea. Fai conoscere il tuo modo di
vivere.
Potrebbe anche darsi che alla fine la vita stessa ti salvi.
L'oggettività che salva un parere, un punto di vista. E tutto continua e
scorre. Credo che così come è stata impostata l'umanità, la stessa non possa
ambire a di più ma nel sorgere di queste righe ritenevo anche che le verità
indiscutibili non potessero essere più di due mentre ora nel calare di queste
parole, sono arrivato a contarne quattro. Credo.
Postille: “l’essere umano tende a sopravvivere”, obiezioni: suicidio, malattie mentali, lasciarsi morire per la perdita di un
partner.
Il primo caso, ovvero quello del suicidio, è quello che presenta la maggior consistenza antagonista
alla tesi presentata. Tuttavia una risposta affidabile è da ritrovarsi
nell’infelicità intesa come malattia, come male di vivere, incapacità di
esprimersi che comporta la sensazione di essere tagliati fuori dal mondo. A
questo bisogna unire una sensibilità eccessivamente emotiva e non in grado di
quel minimo di auto difesa necessaria, nonché una debolezza psicologica. Se è
vero che vivere non ha di fondo alcun senso poichè, per quanto ne sappiamo, con
la morte tutto finisce è molto più complesso accettare questa verità, per degli
individui che riescono a concepire l’infinito, e sopravvivere piuttosto che
togliersi la vita. La stessa risposta si può considerare valida per quelli che
possono essere i dolori umani, che si possono incontrare lungo la vita.
Il secondo caso, ovvero quello della malattia mentale, è di facile spiegazione. La malattia priva
l’individuo della proprio volontà e quindi, di fondo, del proprio spirito libero.
Il terzo caso, ovvero quello del lasciarsi morire dopo la
perdita del partner, trova soluzione in una via di mezzo tra il suicidio e
la sopravvivenza. Un essere umano che scompaia prima della sua naturale fine
per questo motivo, è un essere umano che condivide con quello di cui si parla al
caso uno, una sensibilità eccessivamente emotiva, lacuna colmata dall’ingresso,
nella vita del soggetto, di un altro partner. Con la scomparsa del partner non
solo torna la lacuna pre-esistente ma essa risulta ingigantita dagli anni di
vita comune rendendo il proseguo solitario insostenibile e ponendo così
un’unica scelta all’individuo in questione: a) togliersi la vita per riabbracciare, almeno nella morte, il
partner o quanto meno per cessare ogni sorta di dolore b) trovare un nuovo partner
che colmi quel vuoto.
Fine
JL
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