Non saprei dire, dissi al deserto ambrato
Non saprei dire perché mi senta reietto, esiliato. O perché
senta che questo mio sentire sia in parte volontario. Posso però dire che è una
condizione presente, in maniera più o meno forte, da che io abbia memoria di
me. Come il primo mattino in cui ci si ricordi di aver aperto gli occhi o
gustato un abbraccio tiepido. Come le prima esperienze, così vivide
nell’immediatezza e alle quali promettiamo l’eterna fedeltà della non
dimenticanza nonostante poco dopo il nastro del tempo ci costringa a dimenticarle
o quanto meno a mitigarle.
Giorno dopo giorno attraverso il mio deserto ambrato fatto
di vita, vetrine e facce. Contraddizioni e ipocrisie ma anche emozioni che percuotono
e nobilitano i confini del cuore.
In testa e, in qualche misura, marchiate sulla carne le
parole “mai casa per me”. E se ogni tanto mi mancano: il caldo di un focolare, di
un abbraccio conosciuto o della stabilità data dall’aver saputo quando
fermarsi; dall’altra sorrido perché non appartengo a niente e nessuno, soprattutto
non appartengo a me, non del tutto. Non ho sicurezze.
Così mi ritrovo qui, che non so dove sia nel tempo e nello
spazio della mia storia, e posso continuare a viaggiare, a modificare e prender
nota. A provare, a tentare e a sbagliare tanto ma mai troppo. A sbronzarmi di
tutto ciò che lo meriti, in sostanza. E a perdere il tempo di un rimorso senza
piegare le ginocchia innanzi a rimpianti eccessivi.
Questo non mi salverà dal versare la mia dose lacrime.
“Un uomo che non teme niente non ha niente da perdere ma neanche
niente da amare”, dicono. L’unica risposta che, in onestà, mi senta di dare in
questa età della mia vita è: per fortuna.
Il mio mondo ha la forma di un libro di cui voi siete pagine
che mi guardano storte e vitree. E va bene. Subito dopo di voi alcuni fogli
bianchi che un giorno inciderò, come la mia carne, e poi forse ritroverò..me,
voi, chiunque altro. Ma non ancora.
Ad alcuni il destino. Ad altri il caso.
Fine
JL
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