Il menestrello dell'attimo
Stuzzico la corda. Vibra. La chitarra.
Favello in metrica. Ne esce una melodia.
Una donna che, toccata nell’intimo, cinge le gambe a
privatare il dilagante piacere.
Ne sento l’odore. L’eccitazione nello sguardo mentre,
fissandomi, si mordicchia il labbro.
La voglia, un po’ santa ed un po’ criminale, di annientarmi.
Per sempre.
Il cuore che si schiude al tepore del mio.
Le racconto della realtà di cartone che m’imprigiona. Dei
miei vizi.
Schiavo di un attimo che invecchia troppo presto.
Umile servo di penna e ghirigori. Tra un bicchiere e le mie
bellissime sirene.
Faccio opera di testimonianza di quanto, a questo fottuto
mondo, parli di me.
Una lacrima le riga il viso.
Il mio cuore è scheggiato dall’inizio di questa, assurda,
rappresentazione
Lei. Un po’ matrona ed un po’ boia.
La tormenta non è ancora passata.
L’oscurità si mischia alla passione e la spruzzata di vita
possibile non cambia il sapore di quest’ultimo cocktail.
Le sue mani si chiudono. Si aprono. Si armano
Due pugni si abbattono contro il mio petto. La mia, basita,
rappresentazione assenteista.
S’abbatte contro ciò che sono. Contro quello che dicono.
Contro quello che vogliono che sia.
Un allegro sconfitto con un passato da finto vincitore.
Masticato e risputato da sé stesso, prima e da tutti gli
altri, poi.
Raggranello, per un ultimo secondo, i brandelli della mia
umanità.
La fisso. Accarezzo una corda o due. La musica che ne esce
le fascia il viso.
E’ finito quel secondo che promettevamo sarebbe durato per
sempre.
La nostra personale promessa affidata al vento del destino.
Ho capito. Alla fine, finalmente, ho capito, amore mio.
Abusivi artisti di attimi, colori ed odori.
Una vita che abbiamo vissuto per finta. In fondo.
Il suono si fa più ovattato. Le immagini più distorte,
acquose. I colori si mangiano a vicenda.
Sono fatto, notevolmente.
Posa le proprie labbra sulle mie. Vagamente umide, morbide e
bellissime.
Se devo finire all’inferno, voglio sia per la lussuria, la
voglia, che ho sempre avuto e sempre avrò di lei. La bramosia.
Il peso, della leggerezza, di quelle labbra cucite sulle
mie, sfianca il cuore.
Strazia la resistenza razionale dell’essere. L’imprinting
dell'anima. Se ne possiedo una.
Riapro gli occhi e, ovviamente, lei non c’è più.
Il sole è alle spalle e mi ritrovo sotto un cielo stile
Monet.
Pizzico la mia chitarra ed una donna, fermatasi ad
osservarmi, mi chiede:’Ehi, come va ?’.
Le rispondo con un sorriso in una lacrima.
Giramondo dell’amore libero dalle declinazioni.
Vagabondo dei paesi della tavolozza.
La mia personale galleria dell’amore. Le donne della mia
vita.
Resto al mio posto: menestrello di quell’attimo.
‘Mai casa per me sull’atlante delle nuvole’
Fine
JL
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