Quel Natale in cui mi apparve Gesà di Nazareth
E’ uno di quei Natali da
cani in voga negli ultimi anni: le uniche luci, intermittenti, erano quelle delle
sirene bloccate nel traffico per malati di vita ribaltati nei modi più assurdi
in circostanze e luoghi del cazzo. Gente che entra e spinge e incarta. Forse
una doccia, del cibo del cazzo ma l’impiattamento è diventato importante. E
alla fine il gran lusso è tornare a casa con un voto sul menù e un pacco
scartato troppo simile a quello regalato l’anno precedente.
E’ un Natale da cani con
la rabbia e il dolore ad aprire nocche che non si rimarginano e non hanno manco
una storia da raccontare. Che poi il dolore è l’ultimo ricordo felice rimasto,
ormai ingiallito, vero, ma ancora presente da qualche parte.
Qualcuno tira avanti allucinato
dai neon alterni di una musica di merda con un solo suono e la speranza che i
dieci euro spesi per un cocktail annacquato facciano da ponte tra un che “fai
nella vita” e un “togliti le mutande”, il tutto cercando di chiudere, senza
volerlo davvero, la porta rotta di un bagno pisciato.
E’ il Natale di una Milano
in “formissima”, in “grintissima” e “fighissima” a patto di guadagnare sei mila
euro al mese e con un capo che si sia ricordato di fare il bonifico.
E’ Natale e non c’è
neanche qualche buona puttana a riscaldare gli angoli intirizziti di una città
stanca, senza direzione, che mischia eccitanti e tranquillanti e racconta allo
psicanalista i traumi infantili dei pranzi della domenica.
E’ un Natale così ed è da
cani, fin qui ci siamo, che poi questo Natale un cane me lo sono regalato per
davvero. Bastardina, qualcosa del lupo, immune alle regole e strafottente
quanto basta per farmi capire che il collare posso introdurmelo su per il culo.
Sarebbe dovuto essere un gentile omaggio alla regina di cuori ma nel mondo
delle carte da gioco anche un quadro per quanto pregiato è solo un due di
picche fiorito. Così è ancora Natale, ho preso un cane, perso una regina e va
bene così. Anche.
Cammino da qualche parte,
in nessun posto, forse un cavalcavia, forse i Bastioni. Ripenso alla cosa più
interessante che mi sia successa nelle ultime settimane: la cena di due ore
prima quando una vecchia fedele del Santissimo prima di divorare le portate con
un appetito che ne avrebbe sbugiardato la carta d’identità, afferratami la mano
col fare solenne di una negrona from New Orleans, ammiccando in cerca di
consenso, mi dice: “Ringraziamo il Signore per quest’anno, per questa cena e
affidiamoci a lui per il proseguo”.
Non fa in tempo a finire
“prose..” che in corridoio la domestica vola a pelle di leone fracassando la
zuppiera che inonda ogni sorta di mobilio con le lacrime di tutti i designer
del mondo. Come sempre il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Quell'invocazione e la punizione susseguente sono il riassunto del mio stato psicofisico: la
voglia di celebrare le ricorrenze tipica dei reduci del Vietnam e l’ingegnosa
capacità di provocarmi degli ictus per artefare sorrisi alle vacuità di
contorno dei ritrovi familiari.
“Ah ma le pensioni”
“Ah ma le pensioni”
“Eh boh”
“Già brava tu, perché
quegl’altri?”
“Che poi c’è il Papa che
fa la messa stasera”
“Vero ma c’è anche il concertone”
“Vero ma c’è anche il concertone”
“Che poi quando partite
per la montagna?”
Ero allo strenuo. Dieci
minuti ancora e sarei diventato uno di loro. Anestetizzato, avrei smesso di
sentire quel poco che rimaneva da ascoltare. Avrei calato il sipario e con
sorriso ebete avrei iniziato a progettare sabati sera fatti di posti per gente
di diec’anni più giovane e anticipazioni cartacee sui programmi tv del giorno dopo.
Mancava così poco...alla Maison du Monde.
Salutai con quel poco di
educazione e cazzate sociali che mi erano state impartite da bambino e abbracciai
il silenzio. Non faceva neanche un freddo da Natale. Qualche ubriacone qua e là
si scolava una birra di marca, a queste terre infelici non era rimasta neanche
più la dignità del vino cartonato. I clochard avevano lasciato spazio ai poveri
e i poveri stavano perdendo quella bieca guerra contro loro stessi cui erano
stato indirizzati dai piani del “Tranquillo, siam qui noi”, ringraziando.
Rimanevano l’anarchia e la scrittura che poi sono la stessa cosa ma l’assenza
di puttane di buon cuore stava imprimendo un colpo durissimo a ciò che rimaneva
di quel certo romanticismo di un mondo a forma d’uomo che non andava, ahimè, più
di moda.
Ero nel mezzo di una
disputa tra me e me stesso sul marketing di un povertà tamponata dai 3.000
chilometri di distanza in su con spot che avevano il preciso compito di fallire
e aprire voragini di colpa negli spettatori distratti quando alle mie spalle
una voce squarciò il silenzio:
“Ehi tu, ragazzo.”
Frase alla John Wayne ma
tono diverso, da venditore di Telemarket degli anni d’oro, mi voltai senza
proferire verbo.
“Ho sentito che ti sei
lamentato di me.”
Guardai meglio. Sorriso da
Ercole al compimento della dodicesima fatica, tunica lunga color crema coperta
da tunica più corta color bordeaux di annata infelice. Capelli castani
boccolosi e barba folta fine. Era proprio lui, l’Altissimo, a quanto pare non
più nei cieli.
Presi il coraggio a
quattro mani, facendomene prestare due da un tizio che passava di lì per caso e
dissi “Gesù, sei proprio tu?”
“Non proprio, babbeo,
quello è mio cugino Jasper.”
“Hai un cugino che si
chiama Jasper?”
“Guarda che il
cristianesimo non è un’esclusiva mediterranea, ci siamo allargati anche in
Danimarca”
“Ma io pensavo..”
“Cosa?”
“No è che, avrei potuto
capire Viggo Mortensens ma un Jasper qualunque..bah”
“Viggo ma certo, no lui è un
cugino di secondo grado. Jasper è figlio del secondo matrimonio di Giuseppe”
“Ma Giuseppe è tuo..”
“Attento, stai parlando
con Gesù, Cristo! Fanno tutti lo stesso errore: se io sono il figlio di Dio,
Giuseppe è al massimo uno zio, carissimo, ci mancherebbe, ma zio resta”
“Ma..è la Mad...Maria?”
“Mamma. No lei è lei. Fa
un timballo di capra che non te lo immagineresti. Comunque giovane, presta
attenzione, io sono qui”
“Dove?”
“Qui”
Era di fianco a me,
maledetti lampioni accecanti, ora finalmente vedevo. Era di fianco a me ed era
una figa, cioè...una bellissima ragazza con tutto a posto: niente barba né
altri attributi ingombranti, solo due occhi azzurri abbaglianti, capelli color
caramello ben oltre e due t...trecce bellissime che scendevano su un petto che
curava l’ateismo
“Ti sembrerà incredibile
ma non ci sto capendo un cazzo”, ammisi candidamente.
“Comprensibile. Mi chiamo
Di Nazareth, Gesà Di Nazareth”
“Gesà?”, risposi
esplodendo in una risata che non aveva visto dei freni neanche in fase di
progettazione.
“La storia viene sempre
scritta dai vincitori o dagli ebrei, che poi spesso sono le stesse persone,
c’hai mai pensato? Sì comunque mi chiamo Gesà e sono la figlia dell’Altissima,
divinità moderna, auto creatasi in tempi andati e prima madre single della
storia del mondo. Anzi dell’universo a ben pensarci.”
“Se ti sentissero a Roma”,
diedi seguito.
“Mi sentono, mi sentono.
Ma sai come sono i maschi, a loro piace stare dietro solo in certe situazioni”
“Gesà, ti prego, non siamo
neanche al secondo gin tonic”
“Sì beh, sei tu che hai
chiesto caro. Spara, cosa non ti soddisfa del mio operato ma ti avviso il plot
è un po’ stanco. Uomo afflitto da situazioni, cose o pensieri che quasi sempre
ha scelto peccando in lungimiranza e che di conseguenza addossa la propria
croce a me che per inciso già l’ho portata”.
“Gesà figurati, chi ti
addossa niente è solo che il servizio non funziona e la lettera per la dismessa
dell’abbonamento non sembra riuscire ad arrivarti”
“Uhhh già meglio, quindi
dimmi, tu ora non credi più, sei un ateo di ferro”
“Io sono stanco, sono
incazzato e sono..solo un uomo. Questa cosa del libero arbitrio, guarda te lo
devo proprio dire, che ce l’ho qui da trentanni, non funziona. La gente la
prende come un semaforo verde per la demenza e ci si fionda a tavoletta contro
mano. E poi questa cosa che l’uomo punta all'auto distruzione, rivediamola. Ma
poi soprattutto va bene che sei una divinità e ora che ho scoperto che sei una
donna molte domande trovano risposta ma dopo tremila anni: tutto sto casino per
una mela, davvero, era necessario ? Cioè, hai visto la Ferragni con l’acqua?”
“Amico mio, come dici
giustamente non è il sistema a non funzionare ma la sua interpretazione: la
vita è matematica applicata alle sfumature di un’arte che riempie i giorni
mortali. Pensi di essere al centro del mondo ma non sei poi molto distante dal
primo ominide che si bruciò le chiappe s’un fuoco o fece rotolare un sasso più
tondo degli altri. Per quanto riguarda poi la mela, tu lo sai vero che è una
storia per istruire i bambini, secondo te avrebbe avuto lo stesso effetto se
fosse stata tratta dal libro di Pene e Vagina?”
“Tutto qui, davvero? Un
paio di frasi generiche e un’allusione al sesso fedifrago?”
“Sono duemila anni che
ricevo whatsapp come il tuo, cosa ti aspettavi?”
“Ma che cazzo sei una
divinità, mi aspettavo, che ne so..”
“Delle scuse?”
“Ma magari..sarebbe stato..”
“Ma magari..sarebbe stato..”
“Paraculo”
“No sarebbe stato carino, ci
avrebbe avvicinato”
“Mio caro ragazzo ma sei
un grillino o la reincarnazione di Malgioglio?”
“Gesà ti avverto sono anni
che non faccio a pugni ma mi stai facendo prudere le mani.”
“Saresti pronto a
picchiare una donna, con le mai bucate per giunta”
“Diamine intanto è una
battuta blasfema e poi sei una divinità, mi pare già un bel vantaggio”
“Ridi ragazzo, ridi. E ‘sti cazzi, fattela ‘na
risata che è tutta l’arte di ‘sti giorni infami”
“Ooooooook primo: perché
stai parlando in romanesco e secondo: giorno più, giorno meno sono dieci anni
che mi va una merda.”
“Le tue responsabilità non
mancano in questo, però.”
“Ah adesso fai la
pungente. Maestrina”.
“E va bene, ok, è vero,
non è stato semplice per te, lo so, lo sai e lo sappiamo tutti quanti. Potrei
dirti che c’è un progetto che ti sarà svelato e che ti serve per diventare la
persona che sarai ma la verità è un’altra.”
“Ti prego, illuminami.”
“La verità è che anche il Chievo
può pareggiare al 91esimo.”
“Sei seria? Sarebbe il
segreto della vita?”
“No, più una schedina
sbagliata, sì anche su da noi scommettiamo. Amico mio, il segreto è che siete
molto più indietro di quanto non pensiate, finché la vostra vita starà nei post
cancellati su instagram, nel non detto, non ammesso, non amato, andrà sempre a
finire così. Siete un’età di mezzo in cui la guerra è ancora l’unica igiene del
mondo, si combattono i poveri ma non la povertà, che per altro si affronta solo
a distanza per evitare di ammettere che siete dei miserabili incapaci di vivere
gioendo, infatti lavorate e poi vi spegnete come frutta appassita. Il cordoglio
segue i tempi pubblicitari, l’arte ha il guinzaglio stretto e si prostituisce
per poco. Vi ritrovate solo nella divisione e nella fragilità dee vostro
patetico ego ipertrofico. Eppure anche in tutto questo c’è tutto quanto. Un
giorno ci arriverete.”
“Molto, molto
rassicurante.”
“Sai qual è il segreto
della vita?”
“No”
“Beh in effetti sono due.
Il primo è che ogni tanto viene al mondo della gente che ribalta gli status quo
e porta la vita a un altro livello. Sono persone difficili, scostanti spesso dei
perdenti mascherati. Hanno vite corte, non particolarmente felici per lo più e
sono perseguitati dai loro simili eppure ce la fanno. Tu lo sai il perché?”
“No”
“Quella è la vostra
scintilla, non centro io, è la vostra scintilla che arde e cerca di
riallinearsi col tutto”
“Profondo”
“Sfotti, sfotti”
“E tutti gli altri?”
“Abdicano, lasciano a
qualcuno che non arriverà mai, l’incombenza di cambiargli la vita”
“E le tragedie. I non
ritorni. Gli incidenti?”
“L’uomo ha sempre cercato
un modo per lavarsi di dosso le proprie colpe”
“Già come i malati, i
perseguitati, gli oppressi.”
“Loro sono le mie
creazioni più pure, troppo nobili e coraggiose per rimanere qui troppo a lungo”
“La fai un po’ comoda”
“E’ il lusso di essere una
divinità, non devi dare tutte le risposte”
“Non mi basta”
“Non basterebbe comunque.
E se avessi sbagliato parte dei calcoli, se effettivamente sette giorni fossero
stati troppo pochi. Se ci fosse una falla nel sistema. Se se se, tutto quanto,
tu saresti più felice?”
“Sarei più vicino. A te”
“Ma tu non vuoi starmi
vicino. Vuoi qualcuno da maledire e pregare allo stesso tempo. Vuoi qualcuno
che si assuma le responsabilità di una vita che è perfettamente imperfetta. Hai
sempre invocato l’equilibrio beh eccolo, accontentato. Gioie e dolori. E’ solo
il cammino, siete una razza giovane e siete sulla strada. Lo sarete sempre. E
io sono una divinità e beccarmi preghiere e bestemmie è il mio cammino.”
“Un Dio non lascerebbe
morire e soffrire i propri figli.”
“Un Dio dovrebbe sempre
lasciare una scelta.”
“Che scelta hanno i
malati, le vittime di violenza. Che scelta ha la gente comune.”
“Quella di continuare a
vivere, di compiersi e andare avanti. Oppure no.”
“Mi sembra un po’ pochino”
“Ci arriverai, arriverete, un giorno. Potrebbe aiutarti il rispondere al secondo segreto della vita: perché il pancarré ha una fetta all'inizio e una alla fine perfettamente combacianti ma nessuno fa mai un panino con la prima e l’ultima fetta?”
“Ci arriverai, arriverete, un giorno. Potrebbe aiutarti il rispondere al secondo segreto della vita: perché il pancarré ha una fetta all'inizio e una alla fine perfettamente combacianti ma nessuno fa mai un panino con la prima e l’ultima fetta?”
Non mi diede il tempo di
rispondere, mi salutò col fare di uno della Dark Polo Gang e come era venuta se
ne andò.
Avevo appena concluso una
discussione con Gesà di Nazareth o almeno era quello che pensavo. Mi mi trovavo
in questura invece, su quelle fredde, impersonali e scomode sedie bullonate.
Avevo ancora il cuore a pezzi ma erano pezzi più grossi. Avevo una siringa nel
cazzo, quella non mancava mai e avevo anche un nano di nome Sasha ammanettato
al braccio sinistro senza saperne il motivo.
E queste sono le ultime
parole su questa mia notte di Natale.
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