• Una vita lavorando in pausa pranzo •
Non ho mai pensato alla vita come ad un lavoro eppure non
c’è stato giorno in cui non abbia lavorato.
Quasi sopraffatto dalla fatica che una vita addomesticata
mi chiede in cambio di un niente o un piuttosto, a scelta.
Lo è nel chiacchiericcio scomposto che spodesta il
consenso.
Nelle abitudini povere che scandiscono questo tempo
mortale immorale ?
O nelle appiccicature irregolari di un bancone che
raccontano il braille di tutti i giorni.
Lo è nell’assistere le vite degli altri. Lo è con gli
oppressori casuali e con le vittime di professione. Lo è nelle lacrime fraintese.
Lo è nei temporali che scaricano rabbia su culti
millenari e alberi d’un secolo.
Lo è nel sesso e lo è quando questo esce dalla propria crisalide
ludica per sbocciare in un’amata maledetta passione.
Lo è nei sogni che ti prendono in giro. Lo è al decollo di un aereo che non ti
deve niente. Lo è nei segni della croce che scappano fuori dal finestrino.
Lo è nelle preghiere ai Santi da prima pagina.
Nell’Alzheimer dei botti sulla statale dei capi non chinati.
Lo è nelle emorragie dei rimpianti. Nelle galassie di
pupille dilatate prima e inghiottite poi. Nelle richieste pressanti e negli odi
intermittenti.
Lo è nel resistere, all’abitudine, principalmente. E lo è
nelle Alici che comunque rotolano.
Lo è quando abbraccio quel vecchio bambino che mi chiama
senza sapere il mio nome per davvero.
Lo è quando planano le aquile in fiamme.
Lo è nei desideri dispersi. Nelle basse maree. Nella
dipendenza dalla luna.
Lo è nelle tragedie come finali. E lo è nei finali senza
finali ma non lo è nei finali lieti.
Lo è nei sentimenti ad abbonamento mensile, nei sorrisi
mancati, nelle mani sfiorate.
Lo è nella codardia. Nel condizionale. In un bagno che
per sei minuti e venti si trasforma in un teatro.
Lo è soprattutto nel “possibile
disperso” lungo un binario di polvere.
Lo è come l’alba per la coscienza..e le occasioni sprecate.
O come quando ci si ancora al lamento del dolore. Quando
si distorcono le percezioni. Quando non ci sono più droghe o eccessi da incolpare.
Lo è nelle piccole cose che chiamiamo per nome. O nell’onore
a dispetto di una vita senza senso.
Lo è nel dissenso manifesto di una corsia d’ospedale.
E lo è nei ricordi che scuffiano le vele celesti dell’anima
Lo è nei mostri che batto sui tasti senza che questi si
scrollino.
Lo è nelle sfumature. Nelle mutandine sciupate e nelle
guance omaggiate.
Lo è nelle donne, ammalianti sirene e imprevedibili
sicari. E lo è nelle parole, infuocate femmine anarchiche.
Lo è nel sopravvivere al dolore delle sconfitte che
svicolano il libero arbitrio.
Lo è nell’irripetibile consequenziale. Nell’eccezione che
diviene regola e strappo al contempo.
Lo è nel rispondere colpo su colpo. Una parola dopo
l’altra. Uno sguardo dopo l’altro.
Lo è nella linearità dei miei scritti che terminano nel
principio come un padre e un figlio che si cedono il testimone.
Lo è nel non detto che ancora esiste a un respiro da
questo verso.
E lo è in questo scrivere che si conclude e basta.
Jack Moody
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