Un quarto del cammino
Compiuto. Meno di un quarto del cammino.
Potremmo avere da ridere, voi ed io, sull'uso delle parole:
cammino e compiuto.
Ma tant'è...
E' trascorsa una serie, sterminata, di tramonti, notti ed
albe.
Speranzosi i primi. Profonde le seconde. Sudate le terze.
Mi hanno posizionato su di una linea immaginaria, sopra la
quale v'era scritto partenza.
Dopo lo sparo, mai udito (in verità), è cominciato tutto.
Nessuno zaino sulle spalle. Alcune figure amiche ed un altro
paio che mi premevano in del petto. Un concetto, poi, a tenere il tutto
insieme.
Una strada di polverosi ed ovattati because da percorrere.
Anche da fermi. Anche inconsci. Soprattutto morti.
Nel mio cammino sono stato un po' vivo. Per lo più spaesato.
Quasi sempre morto.
Nella vita bisognerebbe essere sempre un pò morti.
Nella morte bisognerebbe sempre avere un po' di buon gusto.
E, per Dio, nel buon gusto bisognerebbe sempre rimanere in
silenzio.
Agitare le spalle. Dipingere tristi sorrisi che assorbano le
lacrime.
Parlare poco. Agire, caso mai.
Il tempo, quello no, non si ferma mai. Il muscolo
involontario del mondo.
Nessuna giustificazione o reclamo. Nessuna esenzione o
alzata di mano.
Il tempo scorre. Un fiume senz'acqua. Senza colori nè odori.
Ne niente altro.
Il tempo ed il cammino sono le scale mobili dell'uomo e
dell'essere umano..
Sono, quindi, le mie scale mobili.
Finalmente l'ho capito. Che sono un essere umano. Un uomo
no. Non ancora ma ci sto lavorando. E' un mio progetto.
La scala, che mi porta, ha accelerato il proprio moto.
Ho perso un qualcosa in più. Un qualcuno in più. Un respiro
di troppo. Una goccia di sangue, rosso passione, caduta sulla neve bianca del
passato.
Il petto è compresso. Accelera il proprio schiudersi ma ruba
meno aria. Meno attimi. Infinitesimali emozioni.
Non è tanto l'apatia, nè l’invisibilità dello scopo. Credo.
Il petto è oppresso e lo sguardo cieco.
Il mio cuore, in compenso, s'innalza più sensibile di una
carezza materna, sopra questa valle di lacrime.
Ed è così, alla fine di questo quarto di percorso, che ricordo
come non mi sia mai interessato troppo del percome sia cominciato questo
cammino.
Non conta se l'abbia intrapreso volontariamente o se me lo abbiano
fatto imboccare.
Non importa quando mi verrà chiesto o intimato di fermarmi.
Forse, più semplicemente, dovrò desistere, con o senza la grazia del caso.
Sono su questa strada. Che è la mia.
Sono un essere umano. In quanto tale non sarò, MAI, niente
di meno.
Fine
JL
Commenti
Posta un commento